Covid, gli sport amatoriali tornano nel mirino del governo. La Uisp: salvare le attività di base, sono un bene sociale. Iori: qui si fa prevenzione, basta stop incomprensibili

di Zenone Sovilla

Lo ha confermato ieri sera in tv il ministro della salute, Roberto Speranza, ma la "voce" circolava fin da sabato: il governo pensa di nuovo di sospendere anche le attività sportive di base, in particolare le discipline «di squadra e di contatto, come basket e calcetto» a livello amatoriale. Ma per estensione si presume che nelle intenzioni dell'esecutivo, sollecitato dal Comitato tecnico-scientifico, vi sia anche la chiusura, come avvenuto già in primavera e fino a poche settimane fa, di discipline come il tennis o la pallavolo, nelle quali il contatto fra i praticanti in realtà è minimo se non quasi nullo

In effetti, lo sport indoor non è mai stato menzionato in queste settimane di rialzo della curva epidemica: i focolai covid da sorvegliare e minimizzare sono stati indicati negli eccessi delle vacanze, nella sfrenata movida giovanile diurna e notturna, nello "svacco" al bar o in ufficio, nelle feste varie senza distanziamento, nei matrimoni affollati, nelle organizzazioni di lavoro in settori specifici (come quello delle carni) e da ultimo nei contesti familiari o amicali in cui ci si rilassa troppo (qui secondo l'ultimo report si stanno si registrano 4 contagi su 5 in Italia).

Lo sport indoor non è mai comparso nella lista delle attività a rischio, forse perché segue regole di prevenzione assai stringenti. Ma ora è finito nel mirino di Roma e la Uisp (Unione italiana sport per tutti) lancia l'allarme e rivolge un appello al governo, richiamandosi sia all'attenzione che con grande impegno e fatica si pone alla prevenzione dei contagi, sia alla necessità di non sottovalutare l'importanza per la stessa salute collettiva delle attività degli enti di promozione sportiva.

«Ci auguriamo che oltre alla possibilità di svolgere attività motoria sportiva e di allenamento vengano garantiti gli eventi e le competizioni sportive riconosciuti di interesse nazionale e regionale dagli enti di promozione sportiva. In caso negativo ci troveremmo di fronte ad una non giustificabile disparità tra organismi sportivi riconosciuti dal Coni», scrive la Uisp in una nota diffusa ieri.

Va ricordato che nelle palestre sono adottati protocolli severi, elaborati in collaborazione fra le autorità sanitarie e le singole federazioni sportive. Protocolli che sono applicati in toto anche dagli enti di promozione sportiva, come Uisp, Csi e altri, per le attività di base e amatoriali.

Per accedere agli impianti è necessario verificare l'assenza di sintomi di ogni tipo e viene misurata la temperatura a tutti. Ogni tesserato deve compilare un'autocertificazione sul suo stato sanitario e sull'assenza di contatti a rischio contagio nelle settimane precedenti. Queste dichiarazioni vengono archiviate ai fini del tracciamento nell'eventualità di successiva diagnosi di positività per persone componenti dei gruppi.

Viene posta grande attenzione all'igiene delle mani, la mascherina va indossata in ogni fase al di fuori del gioco, il distanziamento fisico va sempre perseguito (nel volley, per esempio, è proibito darsi il classico "cinque"), spogliatoi e docce restano inutilizzati (ci si cambia in palestra e si cerca di arrivare già pronti, salvo per le scarpe ovviamente, che devono essere dedicate) oppure vengono utilizzati in misura ridotta e solo se rispondono a precise caratteristiche di sicurezza (per esempio docce con cabine singole, non spazi collettivi).

Gli attrezzi utilizzati devono essere continuamente disinfettati e alla fine della sessione tutto va sanificato, compreso il pavimento, in modo da far entrare il gruppo successivo in un ambiente "azzerato".

La preoccupazione del momento nell'ambito dello sport associato emerge da queste parole, raccolte poco fa dall'Adige.it, di Tommaso Iori, presidente della Uisp del Trentino: «Lo sport di base, quello praticato dalle persone per il loro benessere e la loro felicità, è stata una delle tante vittime dell'emergenza sanitaria».

Iori critica poi metodi e contenuti messi in campo dal governo in questa materia nei mesi scorsi: «Normative confuse e contraddittorie hanno messo ulteriormente in crisi chi questo sport lo organizza e promuove, ovvero le associazioni e le società sportive, una delle più importanti risorse civili e sociali del nostro paese. Molte realtà nei mesi scorsi hanno dovuto chiudere, altre stringendo i denti hanno ricominciato a proporre attività, seguendo i protocolli, districandosi nella confusione normativa e assumendosi responsabilità che altri hanno delegato.

Quando si parla di sport, non si parla della Serie A di calcio: quello è uno dei tanti livelli da considerare, e non certo il più importante. Lo sport è fatto da milioni di praticanti, tesserati a enti di promozione sportiva e federazioni, ma anche da milioni di cittadini che lo praticano liberamente negli spazi cittadini e in ambiente naturale. A questo sport, in questa nuova fase dell'emergenza, è necessario prestare cura e attenzione: perché in gioco c'è la salute di tutti i cittadini italiani, di ogni età, non il diletto di pochi.

Quindi siamo pronti a fare la nostra parte, a chiudere dove sarà necessario e a restringere ancora gli spazi di attività, se considerato inevitabile: ma pretendiamo norme chiare, uguali per tutti, non fraintendibili, frutto di una valutazione attenta della situazione. E pretendiamo sostegno da parte delle istituzioni, non solo e non tanto economico: vogliamo poterci sedere al tavolo per capire insieme che decisioni prendere e come applicarle in modo serio, non restare passivamente travolti da un nuovo fiume di ordinanze paradossali e spesso incomprensibili».


IL COMUNICATO DELLA UISP

Comunicato nazionale Uisp: sia garantita possibilità di svolgere eventi e competizioni di interesse nazionale e regionale degli Eps. No a disparità

La Uisp ha sempre risposto con grande senso di responsabilità nei confronti della sicurezza e della salute dei cittadini e soprattutto dei propri praticanti, di fronte alla pandemia e alle misure per il contenimento del contagio che si sono susseguite. Attenzione e rispetto che abbiamo condiviso con le nostre associazioni e società sportive del territorio, con i nostri soci che a loro volta hanno ottemperato e adottato i protocolli necessari, dentro il quadro normativo predisposto dalle varie istituzioni e autorità nazionali, regionali e territoriali. Garantendo la massima sicurezza con puntuale sanificazione degli spazi e protezione individuale e collettiva.

Non è superfluo ricordare che in questa particolare fase uno dei comparti che più di altri sta pagando un prezzo enorme sul piano delle attività e dei relativi costi e posti di lavoro è sicuramente lo sport di base. Sul terreno del lavoro si rischia di vedere vanificati gli importanti sforzi fatti da questo governo per ciò che riguarda i collaboratori sportivi e che hanno permesso a costoro di emergere dall'invisibilità. Migliaia di famiglie che stanno registrando significative sofferenze. C'è un'alta percentuale di realtà sportive del territorio che non ha trovato le condizioni per una ripartenza della stagione sportiva con una ricaduta pesante sul piano del deficit sociale, educativo e coesivo delle nostre comunità.

Il binomio attività sportiva e salute viene paradossalmente colpito da questa situazione che rischia di avere le caratteristiche che abbiamo vissuto nella fase acuta dell'emergenza.

Le notizie che circolano in queste ore ci portano ad alzare il livello di attenzione e di preoccupazione che rivolgiamo a tutte le autorità competenti ai vari livelli affinché, nelle eventuali misure da adottare per il contenimento dei contagi, non si creino discriminazioni tra i diversi organismi sportivi e che siano garantite le stesse possibili opportunità.
In buona sostanza ci auguriamo che oltre alla possibilità di svolgere attività motoria sportiva e di allenamento vengano garantiti gli eventi e le competizioni sportive riconosciuti di interesse nazionale e regionale dagli Enti di Promozione Sportiva. In caso negativo ci troveremmo di fronte ad una non giustificabile disparità tra organismi sportivi riconosciuti dal Coni. Una condizione onestamente che non sarebbe sopportabile.

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