Polvere nera nell'aria dallo stabilimento di Anagni: Mario Marangoni e i suoi manager rinviati a giudizio per disastro ambientale, omicidio colposo e lesioni gravissime
Dalla polvere nera nei dintorni dello stabilimento ad un’impennata di leucemie, sclerosi multipla e tumori a varie parti del corpo. Questa l’accusa mossa alla Marangoni Spa dai cittadini di Anagni, nel Lazio, che dovrà essere dimostrata a processo. Perché il gup di Frosinone - dopo quattro richieste di archiviazione da parte della procura - ha deciso di rinviare tutti a giudizio con accuse pesanti: disastro ambientale, omicidio colposo e lesioni personali gravissime.
Sono sei gli industriali sotto accusa: Massimo de Alessandri (attuale presidente di Dolomiti Energia), presidente di Marangoni Tyre dal 1999 al 2006 e fino al maggio 2012 consigliere delegato e poi amministratore unico; Mario Marangoni (89 anni), presidente dall’11 dicembre 2006 al 18 aprile 2012; Giorgio Italo La Manna, consigliere delegato dal 27 aprile 2009 al 18 aprile 2012; Gerardo Magale, direttore dell’organizzazione della fabbrica dal 24 gennaio 2007 al 25 ottobre 2012 e procuratore speciale dall’ottobre 2012; Gian Luigi Carnevale, direttore dall’1 luglio 2005 al 24 gennaio 2007; Luigi Marco Pucinischi, responsabile tecnico dal 24 gennaio 2007 al 17 luglio 2013. A tutti si contesta di aver pregiudicato «la sicurezza dei lavoratori e degli abitanti delle zone limitrofe».
Secondo l’accusa c’è il sospetto che la condotta della Marangoni possa aver provocato gravi lesioni personali e, in alcuni casi, la morte. In tutto, d’altro canto, le parti offese sono 57, ammalatesi di varie patologie, e di queste 21 sono morte tra il 2004 e il 2014. Per la procura l’impianto di Anagni avrebbe provocato, anche a fronte di emissioni di gran lunga sotto i limiti di legge, l’accumulo nei terreni di diossina e particolato carbonioso, «determinando un grave e concreto pericolo, a causa della elevata capacità di accumulo e la persistenza nell’ambiente, per la salute delle persone tanto da cagionare gravissime lesioni e la morte di più persone».
Già nel marzo 2015 l’allora gip Mancini, non accogliendo l’istanza di archiviazione, aveva disposto un’indagine epidemiologica tra i residenti in un raggio di seicento metri dal termovalorizzatore della Marangoni Tyre. Ed ora, dopo un lunghissimo tiramolla, servirà un processo per stabilire se le morti e le malattie dei cittadini siano imputabili all’azienda.
Perché dopo quattro richieste di archiviazione da parte della procura il gup di Frosinone Antonello Bracaglia Morante ha deciso di affidare il chiarimento dei fatti al dibattimento. E tra accusa e difesa, in primavera in tribunale, ci saranno anche 57 parti civili ma non Legambiente, che pure aveva spinto forte proprio perché si arrivasse a processo. Rimane la spada di Damocle sulla Marangoni, a partire dal fondatore, nonostante, come detto, la procura abbia più volte chiesto di archiviare il procedimento.
Legare il processo alla polvere nera, tra l’altro, richiama alla memoria le proteste di Lizzana di qualche anno fa per la stessa inquietante patina sui balconi di casa e sulle auto in sosta.
Per l’azienda, comunque, dovrebbe trattarsi di una «noia» o poco più visto che, perizie alla mano, la legge è sempre stata rispettata. «Ci sono state quattro richieste di archiviazione. - commenta Massimo de Alessandri, oggi presidente di Dolomiti Energia - Ma pur in presenza di perizie tecniche del tribunale che confermano che l’azienda ha sempre rispettato la legge ci troviamo ad affrontare un processo. Ovviamente siamo molto sereni visto che abbiamo sempre rispettato le leggi. La giustizia, ora, farà il suo debito corso».
E poi, a dirla in parole concrete, trovare un nesso causale tra tumori e fabbriche è quasi impossibile da dimostrare. N.G.