Suicidio in rsa, imputato il direttore sanitario. Accusa di omicidio colposo. La difesa: non era prevedibile

La tragica morte di una donna di 85 anni, che si era tolta la vita in casa di riposo lanciandosi dal quarto piano, è al centro di un procedimento giudiziario, che ieri è approdato davanti alla giudice per l'udienza preliminare Claudia Miori. Imputato, con l'accusa di omicidio colposo aggravato, il direttore sanitario della struttura. Per l'accusa, nonostante i campanelli d'allarme, non sarebbero state assunte misure per scongiurare la tragedia. Una tesi, va detto, respinta con forza dalla difesa, secondo la quale la donna era costantemente seguita e non si sarebbe trattato di un evento prevedibile. La dolorosa vicenda risale al settembre 2019. L'anziana, che da moltissimi anni soffriva di crisi depressive, era ospite della casa di riposo dal 2016.

Qui veniva a trovarla una delle figlie, che però abita lontano ed aveva anche cercato di fare trasferire la mamma in una rsa più vicina, per vederla più spesso. Ora la donna si è costituita parte civile attraverso l'avvocata Maria Cristina Osele. Il procedimento penale, però, non è partito da un esposto dei parenti. È stata la procura, dopo avere letto la relazione dei carabinieri intervenuti ed avere incaricato un proprio consulente di fare luce sull'accaduto, ad iscrivere nel registro degli indagati il direttore sanitario, di cui la pm Licia Scagliarini ha poi chiesto il rinvio a giudizio. Sotto la lente dell'accusa, in particolare, sono finiti i giorni che hanno preceduto il suicidio, durante i quali la donna avrebbe dato in escandescenze, facendo più volte riferimento alla volontà di farla finita.

Agli atti, a tale proposito, ci sono le dichiarazioni di alcuni infermieri. Intenti suicidi che, nella prospettiva dell'accusa, avrebbero dovuto indurre l'imputato a mettere in atto delle misure di prevenzione: dall'ipotesi di portare la donna al pronto soccorso dell'ospedale Santa Chiara o comunque presso una struttura psichiatrica, al suo trasferimento presso il piano terra o, comunque, in una stanza che avesse le finestre bloccate. Un quadro che si è tradotto nella contestazione di omicidio colposo a carico del direttore sanitario, aggravato dal fatto che sia avvenuto in una struttura di cura: in sostanza per la procura avrebbe sottovalutato, «per imperizia e negligenza», l'elevato rischio di suicidio dell'anziana ospite, limitandosi a richiedere una valutazione geriatrica. Invece, per l'accusa, la situazione avrebbe richiesto delle azioni urgenti e tempestive, anche nel rispetto delle linee guida del Ministero e di quelle interne alla struttura.Una ricostruzione che, però, viene contestata in toto dalla difesa, sostenuta dall'avvocata Monica Baggia, che ha prodotto una propria consulenza.

La storia clinica della donna, come detto, era segnata da moltissimi anni dalle crisi depressive. Per questo l'anziana era seguita da una psichiatra e anche da un geriatria fino dall'arrivo in casa di riposo. Ma su quelli che la procura legge come campanelli d'allarme si annuncia battaglia. Per la difesa si sarebbe infatti trattato di comportamenti messi in atto molte altre volte dalla donna, letti dal personale come semplici sfoghi,.

Anche le frasi rivolte agli operatori - «Voi non mi lasciate morire» - si presterebbero ad una lettura non univoca. La donna, inoltre, conviveva da anni con un quadro di sofferenza psichica, mentre il direttore sanitario imputato era arrivato da pochi mesi. Tanto più che la forte crisi che precedette il suicidio, evidenzia la difesa, era successa nel giorno in cui l'imputato era assente. Ma la risposta sarebbe stata comunque tempestiva: scrisse al geriatra ed anche allo psichiatra per chiedere una visita (che avrebbe dovuto avvenire il giorno dopo il suicidio), proseguendo nel frattempo con la somministrazione delle terapie ordinarie ed anche aggiuntive, al bisogno. La donna, per la difesa, era dunque seguita secondo i protocolli delle case di cura (e non di una struttura psichiatrica) e costantemente monitorata. In conclusione, per il consulente psichiatra di parte, non c'erano state avvisaglie: il suicidio dell'85enne non era prevedibile. E questo è probabilmente il principale nodo giuridico. La difesa aveva chiesto una perizia con incidente probatorio, ma la giudice ha respinto l'istanza. L'udienza è stata dunque rinviata per la scelta del rito.

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