Violenza sessuale su una minorenne disabile mentale, due ventenni nei guai: sentenza annullata, ma il processo è da rifare
L’avevano agganciata sui social, secondo l’accusa abusando di lei a turno: gli imputati negano, ma la polizia postale ha trovato anche filmini pedofili hard, in primo grado avevano preso 3 anni
TRENTO, Per l'accusa avevano abusato a turno di una ragazza adescata sui social, approfittando della sua fragilità psicologica. Condannati in primo grado, due ventenni trentini si sono visti ieri annullare parzialmente la sentenza dalla corte d'appello di Trento. È caduta l'accusa di violenza sessuale di gruppo, ma ciò non significa assoluzione perché il processo è da rifare. La drammatica vicenda era emersa nel corso di un'indagine della polizia postale.
A casa di uno dei due imputati era stato trovato materiale pedopornografico e gli accertamenti avevano consentito di arrivare all'identità di una delle ragazze ritratte.
La giovane, come emerso, era stata agganciata attraverso i social network e non solo fotografata: secondo la ricostruzione dell'accusa, in una circostanza - nella primavera del 2019 - il giovane imputato in concorso con l'altro ventenne avrebbe abusato della ragazza, approfittando delle sue fragili condizioni psicologiche. Il primo ragazzo, che fu anche arrestato per quell'episodio, venne accusato di violenza sessuale di gruppo, ma anche di produzione di materiale pedopornografico e di adescamento di minore ai fini della produzione di materiale pedopornografico: in primo grado, nel luglio dell'anno scorso, venne condannato a 3 anni e 10 mesi di reclusione. Tre anni di reclusione per l'amico, difeso dall'avvocata Monica Baggia, accusato di violenza di gruppo.
La corte d'appello ieri ha parzialmente riformato la decisione del giudice di primo grado: è stata annullata la sentenza per quanto riguarda il reato della violenza di gruppo; la condanna per il primo imputato, assistito dall'avvocata Maria Anita Pisani, è scesa a 2 anni e 7 mesi. Le difese attendono di leggere le motivazioni della sentenza. La richiesta di una revisione del processo potrebbe essere legata alla diversa formulazione delle accuse avvenuta al processo in rito abbreviato. I due ventenni erano finiti davanti al giudice con l'imputazione per violenza sessuale, ma la procura aveva qualificato il fatto - forte di pronunciamenti della Corte di Cassazione - come violenza sessuale di gruppo.
La difesa del secondo imputato in aula aveva eccepito l'invalidità della querela, dal momento che - nonostante la ragazza fosse maggiorenne - era stata presentata dalla madre ed aveva dunque chiesto che venisse pronunciata sentenza di non doversi procedere. Ma il giudice aveva ritenuto invece sussistente l'ipotesi più grave, ovvero quella di violenza sessuale di gruppo (procedibile d'ufficio) ed aveva condannato entrambi i giovani. La vittima, che si era costituita parte civile, era stata risarcita dagli imputati ed era dunque "uscita" dal processo.
Da precisare che gli imputati hanno sempre negato con forza la violenza. Una delicata vicenda processuale che appare ancora lontana da una definizione.