«A Trento cento persone dormono al freddo, fra edifici abbandonati e anfratti urbani»
Continua l'emergenza per la carenza di posti di accoglienza destinati a persone senza fissa dimora. «Il 30-40% di loro sono trentine» stima Riccardo Petroni, del Centro di ascolto l'Ancora blu del Rotary di Trento. Ancora una volta, come l'anno scorso, siamo alla fine di novembre nella stessa identica situazione: offerta insufficiente, nonostante la generosità e l'impegno di associazioni e volontari
TRENTO. Ci sono 42 persone in lista d'attesa, senza fissa dimora che si sono rivolte allo sportello unico per avere un posto letto caldo e un tetto sopra la testa in queste notti d'inverno ma che hanno trovato il tutto esaurito nei dormitori aperti in città.
Ed è solo l'avanguardia visibile e conclamata del popolo dei senzatetto, ombre costrette a trovarsi un giaciglio d'emergenza tra edifici abbandonati e nicchie dove ripararsi dal freddo e stare alla larga dai guai.
Gli addetti ai lavori, i volontari dell'accoglienza, concordano nello stimare che in realtà in questo momento siano almeno il doppio, forse un centinaio, le persone che in città non hanno un letto in cui dormire.
«Il 30-40% sono trentini» stima Riccardo Petroni, del Centro di Ascolto l'Ancora Blu del Rotary di Trento.
Il fatto è che molti la domanda non la possono neanche fare perché hanno già esaurito il bonus e anche se il letto ci fosse non potrebbero chiederlo.
La regola infatti è chiara: il posto letto viene assegnato al massimo per 30 giorni a una persona che non ha la residenza in città mentre i residenti possono fermarsi per 60 giorni. Dopodiché fuori per un periodo almeno di uguale lunghezza.
È matematico insomma che a decine si ritrovino all'aperto senza alternative.
Ancora una volta, come l'anno scorso, siamo alla fine di novembre nella stessa identica situazione. Offerta insufficiente, nonostante la generosità e l'impegno di associazioni e volontari. Un anno fa il Comune intervenne per aprire l'ostello della gioventù dando una risposta all'emergenza.
Quest'anno il servizio alberghiero della Giovane Europa è regolarmente funzionante e non c'è nemmeno questa possibilità.
E così non resta che sperare che le promesse della Provincia vadano a buon fine e si riesca perlomeno a garantire una quarantina di posti in più mettendo a disposizione i container da tempo sistemati all'esterno della Residenza Fersina e che in passato hanno ospitato i profughi richiedenti asilo.
Il problema è che di quei container si parla da settimane senza riuscire ad aprirli.
In occasione dell'ultima riunione tecnica del tavolo dell'accoglienza, qualche giorno fa, la funzionaria inviata dalla Provincia ha comunicato che le abitazioni sono state sistemate ma non si trova chi li gestisca e se ne prenda cura.
Inoltre non è ancora ben chiaro se i container, ammesso che il problema gestione venga risolto, saranno spostati a Piedicastello, nei pressi dell'Opera Bonomelli dove il Comune ha approntato uno spazio apposito, oppure siano destinati a rimanere lì in via Al Desert, nella ex caserma dei profughi che la Provincia vuole chiudere definitivamente.
O se ancora siano in arrivo altri container aggiuntivi a Piedicastello.
Tra i volontari serpeggia un certo malumore nei confronti della Provincia, che quest'anno più del solito si sarebbe mossa poco e in grave ritardo, apparentemente poco interessata a risolvere il problema.
«Oltretutto si parla tanto di emergenza quando si sa benissimo che l'inverno arriva tutti gli anni e non dovrebbe essere considerato un'emergenza» sbotta Petroni.
E se comunque il problema è programmare la stagione più rigida l'esperienza suggerirebbe di muoversi con congruo anticipo, perché è evidente che trovare chi gestisce un dormitorio notturno improvvisato a fine novembre diventa un'impresa.