Costa concordia, il ricordo di due naufraghi trentini: «Quella notte di dieci anni fa pensavamo di non farcela»
Wilma Cattoi e Renzo Roncher, noti ballerini di Dro, ricordano la sera del naufragio nel triste anniversario «Siamo tornati un anno dopo, troppo dolore». Le immagini dei turisti che ci indicavano la scialuppa, poi la solidarietà degli isolani: «Ci hanno fatto dimenticare per un attimo il dramma, ci siamo sentiti accolti e salvati»
LA TRAGEDIA Dieci anni fa il disastro: 32 vittime sulla nave dopo lo schianto all'Isola del Giglio
DRO. Un «tragico inchino» che non dimenticheranno mai. C'erano anche Renzo Roncher e Wilma Cattoi, noti ballerini più volte campioni a livello nazionale e oggi coppia residente a Dro dove ha avviato l'Academy of Dance and Ballroom, la notte del 13 gennaio 2012 (giusto dieci anni fa) a bordo della Costa Concordia, nave da crociera naufragata all'isola del Giglio dopo un'azzardata manovra del capitano Francesco Schettino (definita inchino) e dove morirono 32 persone.
Renzo Roncher, quali sono i primi ricordi a 10 anni di distanza?
«Un evento davvero tragico ed un'esperienza che non dimenticheremo mai. Le urla, il buio, il freddo di quella notte ci resteranno addosso per tutta la vita.
Pur avendo girato tutta Italia e molti paesi europei da allora né io né mia moglie Wilma siamo più riusciti a salire a bordo di una nave, se non per piccoli tragitti verso l'isola d'Elba».
Come vi siete accorti che la nave stava affondando?
«Più che dopo l'urto contro gli scogli, ci siamo allertati quando la luce è venuta a mancare a bordo, mentre la nave si stava rapidamente inclinando su un fianco. Occupavamo la cabina 6452, al sesto piano con balcone esterno, ma era impossibile al buio percorrere anche pochi metri per trovare un salvagente o una via d'uscita verso le scialuppe. Nessuno sapeva bene cosa fare, il personale di bordo non dava alcuna indicazione».
Siete riusciti a mettervi in salvo, ma come?
«Dobbiamo ringraziare una coppia di turisti che ci ha indicato e fatto salire sulla loro scialuppa (non sapremo mai se fosse quella dedicata a noi). Ci siamo trovati in mare al buio senza sapere dove andare e in che direzione si trovasse l'isola. Solo dopo oltre due ore un primo elicottero ha raggiunto la nave e iniziato a illuminare la zona, consentendoci di tornare a terra. È tato perso tempo prezioso prima di dare l'allarme, a bordo abbiamo lasciato tutti i bagagli e purtroppo alcune persone e dei membri dell'equipaggio non sono più con noi».
Che ricordi ha del capitano Francesco Schettino?
«Era molto presente sulla nave e in centinaia volevano scattare una foto con lui (non so se ora ripeterebbero quel gesto). Una persona distinta e ricercata, ma che non è riuscito a gestire un'emergenza o accettare l'errore commesso».
Da questa tragedia del mare è emersa anche tanta solidarietà...
«Non dimenticheremo mai il grande aiuto e la solidarietà ricevuta, appena toccato terra, dalla popolazione dell'isola del Gilio. Ci siamo trovati con gli abiti da sera in una notte gelida di gennaio, avevamo perso tutto, ma l'affetto e la vicinanza di quella gente ci ha fatto dimenticare per un attimo quanto vissuto; ci siamo sentiti accolti e salvati».
Siete tornati sull'Isola del Giglio?
«Siamo tornati l'anno dopo come segno di cordoglio per le vittime del naufragio e testimonianza d'affetto verso la comunità locale. Una mia lettera di ricordo e ringraziamento è stata pubblicata integralmente, assieme ad altre, sul libro voluto dalle autorità locali per non dimenticare una tragedia che ha segnato per sempre la nostra vita e quella dell'Isola».
Un «inchino» che non dimenticherete mai?
«Chi vive nel mondo dello spettacolo o tra il pubblico crede di avere molto sangue freddo e saper gestire tante situazioni. In questa vicenda abbiamo sperimentato la paura e la fragilità umana: in alcuni attimi pensavamo di non farcela. Questo resta dentro e non passa con il tempo. Quest'anno avevamo pensato di tornare all'Isola del Giglio, era però difficile affrontare ricordi tristi, dolorosi, impossibili da dimenticare».