Autoriciclaggio, sequestrato un albergo in Campiglio. Quattro persone arrestate in Calabria
L'inchiesta giudiziaria riguarda presunti reati fiscali e ha messo in luce anche un importante investimento immobiliare in Trentino. Sequestrate due società e beni per un valore superiore ai cinque milioni di euro: secondo gli inquirenti, venivano reinvestite nel mercato somme frutto di meccanismi per evadere le tasse
TRENTO. Sequestrato un albergo a Pinzolo, nell'ambito di un'operazione della guardia di finanza, riguardante un'accusa di autoriciclaggio di denaro sulla quale è in corso un'indagine in Calabria.
I finanzieri del comando provinciale di Catanzaro, coordinati dalla Procura della Repubblica di Lamezia Terme, hanno arrestato e posto ai domiciliari in esecuzione di un provvedimento del Gip di Lamezia Terme, quattro persone e sequestrato di due società e beni, per un valore superiore ai 5,2 milioni di euro.
Gli arrestati sono accusati di associazione a delinquere finalizzata all'autoriciclaggio.
Perquisizioni oltre che in Calabria si sono svolte in Lombardia, Trentino e Campania.
Tra i beni sequestrati ci sono l'albergo a Pinzolo, uno stabilimento industriale a Lamezia Terme e un'imbarcazione del valore di 300 mila euro.
In particolare è stata ricostruito un importante investimento immobiliare consistito nell'acquisito di un albergo in Campiglio, per 1,2 milioni di euro, di cui euro 300.000 da corrispondere in contanti e in nero.
Una parte del denaro occorrente per l'operazione (euro 140.000) è stata trasferita in contanti verso il Nord-Italia, come documentato, spiegano gli inquirenti, nel corso delle indagini attraverso quello che era un controllo simulato della normativa anti-covid.
Il gip ha inoltre disposto il sequestro di 1,5 milioni di euro.
L'operazione denominata "Boccaccio" è scaturita a seguito dell'approfondimento, da parte dell'Agenzia delle entrate, di una sospetta operazione di "Voluntary Disclosure", posta in essere da un imprenditore lametino, il quale ha fatto rientrare in Italia 500 mila euro investiti in banche maltesi per mezzo di una società con sede nelle Isole Vergini.
Le indagini, svolte dagli specialisti del Nucleo di polizia economico finanziaria di Catanzaro, hanno consentito di accertare, sia pure in fase investigativa-cautelare, che la provvista derivasse non da una eredità, come sostenuto dall'interessato, ma da pregressi reati fiscali.
I riscontri hanno consentito di ricostruire le attività dell'imprenditore, del coniuge e di due consulenti operanti nel Nord Italia: da qui, spiegano gli investigatori, è emerso che, attraverso una serie di operazioni finanziarie, fosse stata riciclata la somma di oltre un milione di euro provento di evasione fiscale.
Per nascondere l'origine illecita della provvista sarebbero state costituite società di comodo in Svizzera dove allocare parte dei proventi dell'evasione per poi procedere al loro reimpiego nel mercato legale, attraverso operazioni nel settore immobiliare, edile, turistico e del noleggio di natanti.