L’impresa sulle tracce del mito: il volo in parapendio dal Campanil Basso, dopo aver sventolato la bandiera della pace sulla cima
Davide Sassudelli è "saltato" con la vela dopo aver raggiunta la vetta con Stefano Piatti e Matteo Pavana. «Ho tirato io gli ultimi due tiri della Preuss e sono arrivato in vetta, c'erano quindici gradi sotto zero, ho messo due friends e ho gridato ai miei due amici: raga venite su veloci che qui è perfetto per partire»
TRENTO. Esiste, nel libro che mio padre scrisse insieme a Marino Stenico sul Campanile Basso, una immagine in bianco e nero, così rubricata: "l'ombra del Campanil Basso". E la grandezza, e l'arditezza di questa montagna, l'imponenza che ha nell'immaginario dei trentini è potentemente evocata dalla sua ombra, che si proietta letteralmente nelle vite di tutti gli appassionati di montagna.
E che l'ombra del Campanile Basso sia cosa così forte, ancora oggi, mi arriva di nuovo addosso, chiaro, quando Mauro Dalla Brida e Davide Sassudelli, mie amici del Gruppo Rocciatori Piaz, me ne parlano, pochi giorni fa, in un bar di Mezzolombardo. Hanno una cosa in comune Mauro e Davide. Mauro, trentadue anni fa, nel gennaio del 1990 è stato il primo e l'unico a gettarsi nel vuoto dalla vetta del Bas appeso al suo deltaplano, Davide oggi è, da pochi giorni, il primo ad essersi lanciato da lì con il parapendio, dopo aver salito la stessa via di salita che fece Mauro: un pezzo della normale, uno della Scotoni e la fine della Preuss.
L'ombra del Campanil Basso continua a proiettarsi sull'immaginario degli alpinisti trentini e di quelli di tutto il mondo. Oggi, a distanza di 125 anni dal primo tentativo che Carlo Garbari fece, fallendo, della cima.
Davide è scintillante di felicità: «Ho tirato io gli ultimi due tiri della Preuss e sono arrivato in vetta, c'erano quindici gradi sotto zero, ho messo due friends e ho gridato ai miei due amici, Matteo Pavana e Stefano Piatti, raga venite su veloci che qui è perfetto per partire, c'erano dieci km/h di vento, le condizioni perfette, una volta che loro sono saliti, abbiamo fatto qualche foto, abbiamo suonato la campana, e poi ho provato ad aprire la vela, quasi per provare se riuscivo a farla gonfiare, e improvvisamente la vela ha preso forma e mi sono reso conto che era perfetto, ho mosso quattro passi di corsa e, che bello, a quel punto, volavo, volavo davvero con il parapendio dalla vetta del Basso... Non avevo neppure acceso la go pro che sono riuscito ad accedere dopo quando ero a cento metri credo dalla vetta ...e così ho fatto questo video...».
A questo punto interviene Mauro e racconta di quando con i suoi amici Paolo Corazzola e Mauro Fronza portò in vetta in tre giorni di salita e due bivacchi il delta, come lo chiama sempre lui. E il giorno dopo, dopo un altro bivacco in vetta, trentadue anni fa, fu il primo di tutti a staccarsi volando dal Campanil Basso. In mezzo a loro "solo" Maurizio di Palma che nel 2015 si è lanciato con la tuta alare, «forse l'impresa più grande di tutti, spiega Mauro, perché quando ti lanci con la tuta alare devi sapere che per almeno cinquanta metri, prima che inizi a prendere portanza, scendi dritto come un sasso».
Ma con buona pace delle parole, il video di Davide che si allontana volando dal "Bas" sostenuto dalla sua vela, spiega tutta la felicità di queste avventure.
Sì, El Bas, continua a proiettare la sua ombra sul nostro immaginario. E così, a intessere l'ultimo filo, è il pensiero che queste parole compariranno su L'Adige, il giornale dove mio padre ha scritto, per tutta la sua vita.