Ingegneria, ritocca i voti degli esami: studentessa “modello” condannata
È stata condannata, con sentenza definitiva della In totale sarebbero 5 gli esami "aggiustati". L'aspetto incredibile è che l'imputata vantava un'ottima media, ma non le bastava tanto da violare il sistema informatico dell'Ateneo per falsificare i propri voti
TRENTO. È stata condannata, con sentenza definitiva della Cassazione, la studentessa della facoltà di Ingegneria che si era ritoccata i voti: il già ottimo 30 ottenuto in Tecnica urbanistica era magicamente diventato un 30 e lode. In totale sarebbero 5 gli esami "aggiustati". L'aspetto incredibile è che l'imputata vantava un'ottima media, ma non le bastava tanto da commettere dei reati per un pugno di voti in più.
La Suprema Corte ha depositato la sentenza con cui ha dichiarato inammissibile il ricorso della difesa con condanna della ricorrente a versare 3.000 euro alla Cassa delle ammende. Le accuse contestate erano di «accesso abusivo ad un sistema informatico, detenzione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici e di falso materiale in atto pubblico».
Secondo l'accusa la studentessa del corso di laurea magistrale in Ingegneria civile, oggi 33enne, essendo risultata vincitrice di due concorsi per collaboratori amministrativi a tempo parziale (le cosiddette 150 ore), aveva così avuto l'opportunità di frequentare gli uffici amministrativi dell'Università di Trento lavorando a stretto contatto con una funzionaria amministrativa. Per questa attività la studentessa era munita di una password di sistema che le consentiva alcune limitate operazioni, come quella di trasferire o inserire nella carriera studentesca gli esami Erasmus.
La presenza presso gli uffici amministrativi dell'Ateneo si era protratta per circa 400 ore nell'arco di un anno e mezzo. L'ipotesi è che la studentessa ne abbia approfittato per carpire la password della funzionaria incaricata di inserire i voti nel registro elettronico. Il "gioco" di aggiustare, in meglio, i voti pare sia stato scoperto dagli studenti dello stesso corso di Ingegneria civile.
«Su segnalazione casuale - si legge in sentenza - di alcuni studenti del corso di Fondazioni, tenuto dal professor (omissis), questi, non ricordando che la ragazza avesse effettivamente superato il suo esame, aveva incaricato la segretaria universitaria di verificare tale circostanza.
Gli accertamenti eseguiti dai funzionari amministrativi avevano consentito di appurare che, diversamente da quanto risultava dal dato informatico, mancava il verbale cartaceo di superamento dell'esame di Fondazioni, nonché altre significative discrasie erano presenti nel curriculum della «omissis», con arrotondamenti in melius, sul piano delle votazioni, degli esami di Tecnica Urbanistica (da 30/30 in 30/30 e lode), di Costruzioni Idrauliche (da 29/30 in 30/30), di Sicurezza Strutturale (da 26/30 in 29/30) ed il falso superamento dell'esame di Geotecnica, in assenza del prescritto verbale cartaceo.
Le modalità di inserimento dei dati falsi erano avvenute da un lato utilizzando la password della funzionaria amministrativa con la quale la imputata lavorava a stretto contatto), dall'altro secondo la metodologia Erasmus, conosciuta dall' imputata e alla quale questa era abilitata. L'aspirante ingegnere civile era accusata anche di aver falsificato la firma di un docente. «La sentenza di primo grado - scrive la Cassazione - aveva valorizzato la consulenza grafologica della perita che in dibattimento aveva confermato che la firma era apocrifa ed era riconducibile alla mano dell'imputata, risultanze non inficiate dalla consulenza grafologica di parte».
La difesa della studentessa replicava che esami universitari sostenuti erano ad un certo punto scomparsi dalla carriera dell'imputata e che gli stessi erano stati reinseriti da qualcuno dei funzionari amministrativi dell'Università. La alterazione della carriera universitaria dell'imputata era quindi imputabile ad uno dei funzionari amministrativi che avevano provveduto a reinserire i dati mediante l'utilizzo di credenziali di accesso di cui l'imputata non aveva la disponibilità, cosicché - secondo la difesa - risultava violato il criterio dell'oltre ogni ragionevole dubbio e la condanna costituirebbe il risultato di un'errata valutazione delle prove.
Tesi che secondo i giudici è manifestatamente infondata. Tra l'altro risulta che - sottolinea la Suprema corte nella sentenza - quanto all'esame di Geotecnica che il professore (omissis) aveva chiesto spiegazioni alla segreteria dell'Università, avendo appreso che l'imputata si vantava di avere superato l'esame, mentre tale circostanza non risultava al professore. Vanterie costate care all'aspirante ingegnere civile.