Tutti corrono al pronto soccorso ma a Trento i medici sono pochi: parla il primario Ramponi
A monte della carenza di professionisti c'è il numero chiuso nell'accesso universitario. La gestione quotidiana delle emergenze sanitarie è complicata però dagli accessi di persone che non hanno problemi seri: "Se non ci fossero i codici verdi e bianchi, non avremmo problemi. La situazione è aggravata dalla mancanza anche di medici di famiglia, molti cittadini non trovano le risposte sul territorio"
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TRENTO. L'Azienda sanitaria ha indetto un concorso per coprire, con libero professionisti, 200 turni mensili di 12 ore. I concorsi effettuati negli ultimi anni non hanno permesso di rimpiazzare pensionamenti e trasferimenti e per coprire i turni e quindi servono assolutamente rinforzi.
Il dottor Claudio Ramponi, direttore dell'area emergenza, sa bene quanto sia difficile negli ultimi tempi compilare i turni e fare in modo che ad ogni ora del giorno e della notte ci sia - nei pronto soccorso - una adeguata risposta ai bisogni della popolazione.
Dottor Ramponi, davvero se i professionisti non risponderanno alla chiamata dell'Azienda sanitaria trentina avremo problemi a coprire i turni nei pronto soccorso nei prossimi mesi?
Il problema esiste. In passato la carenza di professionisti era colmata con gettonisti, soprattutto nei pronto soccorso degli ospedali di valle dove è da sempre più difficile trovare personale. Adesso, con pensionamenti e trasferimenti, il problema c'è anche a Trento e Rovereto.
A Trento da almeno due anni stiamo lavorando con 2/3 gettonisti. Non posso dire che l'Azienda non abbia cercato di risolvere il problema. Sono stati indetti tanti concorsi, ma gli iscritti non sono stati sufficienti a coprire i posti vacanti. La responsabilità storica è di chi ha imposto il numero chiuso a medicina in maniera non razionale, senza tener conto delle esigenze nel lungo periodo.
Ora l'Azienda ha bandito questo concorso per coprire circa 200 turni. Servono medici ovunque. Negli ospedali di distretto il pronto soccorso dipende dalla medicina e quindi i turni sono coperti in parte dai medici della medicina, oltre che da medici strutturati che continuano a lavorare solo in pronto soccorso. Poi ovviamente i turni si copriranno, perché il pronto soccorso non può rimanere sguarnito. Anche a Trento sicuramente garantiremo i turni, ma non riusciremo ad avere il pieno organico di due anni fa e per questo ho dovuto ridurre qualche ambulatorio e di conseguenza aumentano le attese e le lamentele dei pazienti.
Quindi rispetto a due anni fa ci sono meno medici in servizio al Pronto soccorso?
Sicuramente sono diminuite le ore di attività. Se nel 2019 erano 122 al giorno, ora sono 104.
E il numero di accessi non è calato?
Tutt'altro. In queste settimane a Trento siamo a livelli superiori alla media. Circa 250 accessi al giorno. Su questo incide sicuramente anche la carenza dei medici di base che con l'aumento dei massimali si trovano in difficoltà a seguire tutti i pazienti. Purtroppo l'accesso improprio al pronto soccorso c'è sempre stato, ma ora è in parte giustificato dal fatto che molti non trovando risposte sul territorio.
Questo non dovrebbe però essere il nostro compito. Noi dovremmo essere lì per le emergenze e le urgenze. Rispetto a 8-10 anni fa abbiamo tutta la problematica neurologica acuta, e poi gli infarti, la traumatologia. Tutte patologie tempo-dipendenti che richiedono risposte adeguate.
Negli anni scorsi, per fare fronte ai troppi codici bianchi e verdi che si rivolgono ai pronto soccorso c'era l'ipotesi di inserire le guardie mediche negli spazi dell'ospedale. L'idea è naufragata?
C'è stato il veto dei colleghi delle guardie mediche. Credo che non abbiano capito che si trattava di una buona opportunità anche per loro. Io e la dottoressa Sforzin ci eravamo trovati più volte, erano stati trovati anche gli spazi, ma poi si è alzato un muro contro questo progetto.
E l'idea di privilegiare gli anziani in attesa che fanno fatica ad aspettare ora nelle sale d'attesa?
So che su questo vado un po' controcorrente, ma se facessimo questo rischieremmo di trovarci tante categorie che chiedono di avere priorità rispetto ad altre. Noi, nell'emergenza, dobbiamo però lavorare per criticità del paziente.
Quello che abbiamo fatto per i codici argento è garantire maggiore attenzione nella gestione di questi pazienti più fragili. Bisogna cambiare la mentalità e rendersi conto che pronto soccorso non può essere la risposta a tutto e tutti. Tolta la traumatologia minore che non ha alternative, se il pronto soccorso lavorasse solo sui codici rossi, arancioni e azzurri non avremo problemi a gestire i pazienti. In realtà, invece, i codici verdi e bianchi che sono la maggioranza.
Il Covid pesa ancora sui Pronto soccorso?
Meno che nei mesi scorsi per quanto riguarda i numeri. A Trento abbiamo qualche caso al giorno, meno della metà dei quali vengono ricoverati. Incide ancora, invece, sull'organizzazione, sui tempi, sul personale.
Viste le immagini di questi giorni che arrivano dal pronto soccorso del Cardarelli di Napoli a Trento abbiamo comunque una situazione accettabile.
Va detto che il Cardarelli risponde ad un bacino di utenza come tutto il Trentino. Se tutti i pazienti della provincia si rivolgessero a Trento saremmo probabilmente nella stessa situazione perché quello è il risultato dello stesso problema, quello della carenza di medici, al quale non sappiamo come rispondere.
Avere a disposizione dei liberi professionisti è diverso rispetto agli altri medici in organico stabile?
Certo. Intanto i libero professionisti sono quasi tutti "non specialisti", quindi non posso metterli a gestire codici rossi e arancioni. Io devo dire che comunque ho a disposizione professionisti validi. Non è come avere uno specialista in medicina d'urgenza che sa come gestire tutto, ma io mi reputo soddisfatto di queste persone. Al momento ho 3 medici libero professionisti, più una dottoressa in arrivo e due specializzandi con borsa di studio pagata dalla Provincia.
Ma è vero che sono persone che prendono l'aereo per arrivare in Trentino a coprire un turno?
No, i miei no. Ho un camerunense che abita in Trentino e che dopo la laurea ha preferito fare questa scelta in attesa di iscriversi alla specialistica e forse tornare a dirigere poi un ospedale nel suo paese. Poi c'è un collega dell'Emilia Romagna che fa i suoi turni attaccati e un collega pugliese viene due settimane. Il tutto nel rispetto dei riposi.
Negli anni purtroppo la carenza di medici si è fatta sempre più grave, non solo nel nostro settore, ma anche in ginecologia, radiologia e medicina interna. E comunque anche adesso i posti non sono stati aumentati in maniera congrua. Per formare un medico ospedaliero ci vogliono 10 anni. Fino ad allora difficilmente potrà andare meglio. Il mio appello è di rivolgersi al pronto soccorso solo per vere emergenze e urgenze.
Per il resto ci sono altre strutture fuori, come i medici di medicina generale e le guardie mediche disponibili la notte e nelle giornate festive. Altrimenti le attese qui saranno inevitabilmente lunghe.