La potenza del dialogo per uscire dal disordine: la lezione attuale di “Nino” Andreatta
La figura dell’economista e politico trentino ricordata al Sociale con Prodi: “La libertà è figlia della conoscenza e del confronto, ecco il suo messaggio. “Nino” Aveva un’apertura intellettuale straordinaria, che gli permetteva di costruire soluzioni originali ed efficaci”
TRENTO. Per uscire dal disordine e entrare in un nuovo ordine bisogna recuperare la potenza del dialogo. Perché il confronto è il motore del mondo e la storia va intesa come una possibile aperta, secondo la visione del filosofo Dietrich Bonhoeffer. È questo quanto direbbe oggi, di fronte all’aggressione russa dell’Ucraina, Beniamino “Nino” Andreatta. Sua la figura ricordata al Festival da un parterre d’eccezione, sia sul palco che in platea, e la partecipazione del pubblico fra cui diversi giovani.
Otto volte ministro della Repubblica, economista, docente universitario, esponente di primissimo piano della Democrazia Cristiana. Trentino di nascita, bolognese di adozione, indiscusso protagonista della vita politica italiana, nell’epoca delle contrapposizioni tra i blocchi e nelle successive trasformazioni dopo la caduta del Muro e Tangentopoli. Scomparso nel 2007 dopo una lunga malattia.
Ecco i tanti profili di Andreatta, arricchiti dalle testimonianze di chi l’ha conosciuto o apprezzato, “offerte” al pubblico del Sociale da Romano Prodi, Fabio Tamburini, Giovanni Bazoli, Alberto Forchielli, Alberto Quadrio Curzio, Flavio Deflorian e Alberto Faustini. In sala tre ex ministri Giulio Tremonti, Giovanni Tria e Massimo D’Alema, il presidente della Provincia autonoma Maurizio Fugatti, il vicepresidente Mario Tonina, il sindaco Franco Ianeselli, il presidente del Gruppo 24 ORE Edoardo Garrone, Emma Marcegaglia, ad di Marcegaglia holding e già presidente di Confindustria, il presidente della Camera di commercio di Bolzano Michl Ebner.
“Essere qui oggi a ricordare Beniamino Andreatta ha un valore particolare, è stata una figura determinante per l’economia e la politica nazionale, molto legato al Trentino” esordisce il direttore del Sole 24 Ore Fabio Tamburini che affida ai presenti il suo racconto inedito. “Ricordo quando negli anni Ottanta, da giovane giornalista, andavo a intervistarlo. Ogni volta ne uscivo distrutto. Era lui a fare le domande, non il contrario. Poi ho compreso: era una sua abitudine, fare scouting. Lo faceva per dare possibilità ai giovani, una cosa che pochi fanno”.
Le testimonianze proseguono con Bazoli, presidente emerito di Intesa Sanpaolo. Un’analisi che però si rivolge anche “all’ordine e disordine” contemporaneo, sul quale Andreatta avrebbe oggi molto da dire. “Il dialogo è certamente l’unica soluzione per uscire dal disordine e entrare in un nuovo ordine” è il messaggio del presidente emerito di Banca Intesa, che di Andreatta ricorda la concezione alta, di grande respiro dell’impegno politico, inteso come responsabilità di scelte, come ricerca di soluzioni nell’interesse della comunità. L’ancoraggio fieramente democratico e la laicità.
“Andreatta - prende la parola Alberto Faustini, direttore del quotidiano l’Adige - ha fatto tante cose assieme a tanti trentini e per i trentini, magari in modo invisibile. E viene ricordato, fra le altre cose, anche con un’aula dell’università di Trento”.
“È stato infatti uno dei grandi padri dell’università di Trento” interviene il rettore di UniTrento Flavio Deflorian. “Ma è stato anche uno dei grandi padri dell’università in Italia, non solo in Trentino. Il suo messaggio è sempre valido: il sapere, lo studio, la formazione sono una delle chiavi per uscire dal disordine. Non si è mai liberi quando non si sa, la libertà è figlia della conoscenza che passa dalla scuola e dalle istituzioni universitarie”.
Alberto Quadrio Curzio, presidente emerito dell’Accademia dei Lincei e docente emerito di politica economica alla Cattolica, valorizza l’Andreatta accademico e docente universitario. Il rapporto con gli studenti, il piacere del confronto, “la sua bella personalità che tutti credo debbano ricordare”.
Per Alberto Forchielli (Partner Fondatore Mindful Capital Partners), Andreatta è stato “uno dei ministri della Difesa più importanti nella storia italiana, capace di traghettare il comparto della sicurezza verso le grandi trasformazioni, come l’abolizione della leva e il passaggio al professionismo”.
Prende la parola Romano Prodi, che di Andreatta fu allievo in ateneo a Bologna: “Condivido quanto è stato detto e di Beniamino volevo ricordare in particolare lo stile, da professore di una volta. Sapeva valorizzare le persone, scoprendo le loro capacità, e aveva un’apertura intellettuale straordinaria, che gli permetteva di costruire soluzioni originali ed efficaci. L’ha dimostrato anche da ministro della difesa cambiando il modello organizzativo delle forze armate”.
L’amore per Trento, prosegue, l’economista ed ex premier, “gli è sempre rimasto: come l’attaccamento ad una comunità che partecipa a diverse culture, a diversi mondi. L’università per lui era ponte tra mondo italiano e germanico”.