Sanità in Trentino, il duro grido d'allarme delle due Consulte: «Età in aumento, più bisogno di assistenza, ma nessuno ci ascolta»
Dalla sofferenza degli ospedali di valle alla carenza di medici del territorio, la preoccupazione dei due enti: «Nessuno ci ascolta, nessuno ci convova, non c’è dialogo»
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TRENTO. Il loro è un vero e proprio grido d'aiuto. È una richiesta di attenzione e di condivisione. È un modo per esporre una grande e crescente preoccupazione, per mettersi a disposizione, per far sapere che loro qualche ricetta e qualche soluzione la hanno. Negli scorsi giorni c'è stato un momento in qualche modo storico: la Consulta provinciale per la Salute e la Consulta provinciale delle politiche sociali sono apparse insieme, unite come due facce della stessa medaglia, per chiedere attenzione.
L'hanno fatto perché sono sinceramente preoccupate per il futuro del Trentino, per la salute (nel senso più ampio del termine: salute non è solo un'operazione chirurgica) dei trentini e per le decisioni che verranno prese - o che sono già state prese - dalla Provincia. E l'hanno fatto perché, in buona sostanza, nessuno li ascolta e li coinvolge, nonostante a conti fatti rappresentino migliaia e migliaia di persone (70 associazioni della salute e quasi trecento del sociale, tra enti del terzo settori, associazioni, cooperative). Come loro stile e loro costume l'hanno fatto a toni bassi, quasi sottovoce, senza accuse.
Partiamo dai dati di fatto: la popolazione invecchia e il ricambio generazionale è scarso. Le fragilità e le disabilità sono in forte aumento e coinvolgono fasce diverse della popolazione, dai giovani agli anziani. Ancora: la carenza di personale è un problema enorme (riguarda la sanità, ma anche il sociale e in questo caso per via di regole e leggi). Infine, sono in arrivo una valanga di soldi grazie al Pnrr.
Alla luce di tutto questo, l'analisi. «Chiediamo un approccio diverso - ha detto Renzo Dori, presidente della Consulta per la salute -, alla luce di una situazione preoccupante. La popolazione invecchia e la cronicità investe il 20% della popolazione anziana, senza dimenticare un altro venti per cento di persone sole. La risposta è inefficace rispetto ai bisogni. In Trentino, storicamente, la cooperazione sociale si è presa carico - con qualità - delle fasi iniziali delle fragilità, evitando accelerazioni che portano alla fine verso pluripatologie complesse. Per questo salute e sociale vanno a braccetto, ma ora manca una gamba alla medicina territoriale».
E il futuro non appare roseo. «Le preoccupazioni sono legate al fatto che i segnali che riceviamo dalla politica rimarcano una insufficiente consapevolezza della situazione. Ci vuole uno sforzo comune per connettere le risorse del sociale e quelle della medicina del territorio. La politica deve avere coraggio e lavorare per un'integrazione».
«Siamo di fronte - aggiunge Paolo Tonelli, presidente della Consulta per le politiche sociali - a un aumento delle necessità della popolazione, ma registriamo anche una resistenza a rendere trasversali le politiche. In una serie di incontri che abbiamo fatto tra i nostri enti è emerso come un tema forte sia quello del "ritiro", che riguarda anziani e disabili, ma anche giovani con l'abbandono scolastico. Persone che chiudono la loro sofferenza tra le mura di casa, in una sorta di isolamento psico-sociale. Non vogliamo fare polemiche e non abbiamo la bacchetta magica con le soluzioni per tutto, ma riteniamo di poter dare un aiuto concreto a chi poi deve decidere».
Di fronte al corposo e dettagliato documento, inviato al presidente Fugatti, all'assessora Segnana, al dirigente Ruscitti, al direttore generale Ferro, ai vertici di assessorato alla salute e Apss, alla Quarta commissione e a tutti i partiti politici, i promotori auspicano una semplice reazione. «Che ci ascoltino e che si avvii un confronto. Pensiamo alle Case di Comunità: la partecipazione è sottintesa nel nome stesso». Aggiunge Dori: «Gli ospedali periferici soffrono: questo deve porre un problema di partecipazione. Ancora: la riorganizzazione dell'Apss è stata approvata e poi contestata addirittura dai medici stessi: questo dimostra una carenza di confronto e partecipazione. Qualcosa che non va c'è. Penso anche ai punti nascita periferici e al fatto che in questa fase vanno evitate scelte ideologiche e legate al consenso: a Cavalese e Cles i costi sono enormi e l'efficienza con è garantita».
Il medico Maurizio Agostini, presente all'incontro, aggiunge: «Questa istanza portata avanti insieme è fondamentale. C'è una sola salute, la cosiddetta "One health"».
Infine, ma non meno importante, Angelo Prandini: «Stiamo dimenticando l'importanza di sedersi intorno a un tavolo per risolvere un problema. C'è una diffusa sottovalutazione e noto un declino del territorio trentino, l'Alto Adige ci sta bruciando su tanti indicatori».