Commercio all'ingrosso del Trentino: in cerca di un rilancio dopo la pandemia (ma pesano gli aumenti dei costi dell’energia)
Questa sera i soci in assemblea: un comparto che genera il 13% del Pil della provincia, con 12.500 addetti in 2.593 aziende, ma ha perso in un anno l’1,8 di ditte associate
TRENTO. Vale il 13,3% del PIL Trentino: il commercio all’ingrosso è un settore essenziale nell’economia trentina. Il 2021 ha dato segnali positivi, seppur non omogenei, che danno fiducia nonostante un clima di incertezza dovuto ai rincari delle materie prime, energia su tutte. L’Associazione Grossisti e PMI del Trentino, che stasera si riunisce nella consueta assemblea annuale, traccia un bilancio sui due anni di pandemia e guarda al futuro.
L’Associazione rappresenta una vasta moltitudine di imprese trentine operanti nel mondo del commercio all’ingrosso in settori eterogenei: generi alimentari, macchinari e attrezzature, materie prime, prodotti energetici, beni di consumo, vino, birra e altri prodotti. Si colloca in una posizione intermedia tra produttori e commercio al dettaglio, attraverso confini che globalizzazione e, più in generale, la trasformazione del lavoro hanno reso sempre meno netti.
Anche la categoria ha subito - al pari di molte altre - le ripercussioni della pandemia e delle chiusure, seppure con impatti diversi a seconda dell’ambito. In molti casi, inoltre, la pandemia ha costretto le aziende ad un riposizionamento per offrire in via quasi esclusiva prodotti o servizi che precedentemente costituivano una parte dell’offerta commerciale. Negli ultimi mesi la preoccupazione maggiore è dovuta ai rincari delle materie prime e dell’energia, anche in considerazione della delicata posizione intermediaria dell’ingrosso.
Il bilancio dello scorso anno risente ancora pesantemente della pandemia. C’è stato un segnale di ripresa rispetto al 2020, ma l’incertezza e l’attendismo non hanno aiutato la ripartenza degli scambi commerciali. Partendo dalla numerica del comparto, in Trentino nel 2021 le aziende grossiste attive erano 2.593, con 101 iscrizioni e 147 cessazioni.
Rispetto al 2021 il comparto ha perso l’1,8% di aziende. Per quanto attiene alla media nazionale siamo decisamente andati meglio in quanto nel 2021 un grossista ha aperto e due hanno chiuso. Va sottolineato che, nonostante vi sia un bilancio numerico negativo, molte delle nostre aziende si sono ampliate, altre sono riuscite a seguire il mercato e si stanno trasformando.
Il comparto dell’ingrosso è differenziato e risulta difficile fare una stima generale sull’andamento economico complessivo. In generale nell’anno 2021 il comparto dei grossisti trentini ha registrato un fatturato di 3,85 miliardi di euro e, rispetto ai 3,5 miliardi di euro del 2020, segna un incremento del 10% (rispetto al -3% del 2020 sul 2019). A livello provinciale l’ingrosso rappresenta il 13,3% del fatturato (rispetto al 12% del 2020).
«Gli incrementi - spiega il presidente Mauro Bonvicin - confermano una buona perfomance del settore che sta riuscendo a recuperare quanto perso nel corso della pandemia. Vanno tuttavia sottolineati due aspetti: sul dato del fatturato incidono in maniera sensibile le dinamiche inflazionistiche e, in secondo luogo, il dato complessivo non rende conto delle variabili settoriali».
Il comparto dell’ingrosso in Trentino nel 2021 contava 12.538 addetti totali ed in termini occupazionali si può stimare che gli occupati siano intorno al 6,1% di tutti i lavoratori della provincia. Nonostante il numero di aziende sia in calo il numero di occupati è cresciuto. Il comparto dell’ingrosso è più stabile rispetto ad altri settori in quanto rispetto ad altre categorie riusciamo a garantire una continuità occupazionale data soprattutto dalla minore incidenza della stagionalità.
«Purtroppo - commenta Bonvicin - siamo davanti ad un aumento del costo delle materie prime e dell’energia mai visto prima. Il perdurare del conflitto in Ucraina non sta aiutando la nostra economia che è penalizzata rispetto a quella europea o mondiale per politiche energetiche poco lungimiranti. Da un recente sondaggio della camera di commercio di Trento solo il 0,9% dei consumatori dichiara che nell'ultimo anno ha migliorato la propria situazione economica familiare, e l'1,4% dichiara che entro il prossimo anno la propria situazione economica migliorerà. Solo il 6% del campione dichiara che spenderà di più in acquisto di beni durevoli nel prossimo anno. Nonostante questi dati poco incoraggianti i consumi nazionali dovrebbero aumentare del 2% del 2022 e del 3% nel 2023, con la previsione di tornare a livelli pre-pandemia per il 2024».
«Se si vuole analizzare lo stato di salute del nostro comparto, permettetemi di essere ottimista. Innanzitutto, sappiamo resistere molto meglio alle crisi rispetto ad altri settori: nel corso del tempo ci siamo creati degli anticorpi competitivi ed economici. Ritengo che il nostro futuro sia legato allo sviluppo verticale: verso il basso (inserendosi anche nel mondo del dettaglio) ma anche verso l’alto (diventando anche produttori), nonché allo sviluppo orizzontale, andando a presidiare zone o settori merceologici nuovi e creando reti di impresa».
«Molti di noi - ha detto Michela Bertamini del direttivo dell’Associazione - sono riusciti ad inventarsi delle funzioni nuove legate al corretto uso dei dati e delle informazioni, giocando anche d’anticipo nei mercati che non crescono più. La rivoluzione digitale ha variato la distribuzione e ci sono nuove variabili impreviste ed incontrollabili, ma siamo riusciti ad adattarci. Per mantenere la competitività è assolutamente necessario aprirsi a delle relazioni di collaborazione, anche coi nostri competitor, associarsi, creare gruppi d’acquisto e reti d’impresa. Ma soprattutto è necessario fornire a chi ci sta sotto e sopra un servizio efficace ed efficiente, in termine di costi e di qualità, in questo modo sarà difficile che i nostri fornitori o i nostri clienti ci “saltino”».
«Un aspetto sul quale il settore dovrà investire e svilupparsi - spiega Luigi Cappelletti, membro del consiglio direttivo - è quello dell’export. Il Trentino, grazie anche ai grossisti, ha nell’export una risorsa estremamente importante che determina in modo decisivo la “bilancia commerciale” con gli altri territori italiani ma, soprattutto, con l’estero. Si tratta di un’evoluzione che alcuni settori dominano già da molti anni, come quello dei vitivinicoli o dei distillatori, perché offrono un prodotto tipico del nostro territorio e delle competenze acquisite nel corso degli anni. Ma la forte trasformazione dell’economia internazionale ha rimesso in discussione alcune dinamiche tradizionali e offrono opportunità inedite anche alle aziende grossiste di altri settori».