Da Bieno in Sudamerica per fare il docente universitario e studiare l’emigrazione trentina in Cile
Continua il viaggio alla ricerca delle storie dei trentini che si stanno facendo onore all’estero: questa volta è il turno di Stefano Micheletti Dellamaria
STORIE Le interviste dei trentini all'estero
Si chiama Stefano Micheletti Dellamaria, vive a Talca da 14 anni, è cresciuto a Bieno, paese di circa 400 abitanti tra la Valsugana e il Tesino. Ma ben presto si è innamorato del Sudamerica. Ora è docente universitario in Cile. Ecco la sua intervista (raccolta insieme a MondoTrentino).
Qual è il tuo background scolastico e formativo?
Dopo le medie ho studiato all’Istituto Agrario di Feltre e poi ho frequentato l'Università a Padova. Ho scelto Scienze Forestali e Ambientali, ma durante gli ultimi due anni di specialistica ho modificato il mio piano di studi, integrando corsi di storia dell’America Latina, cooperazione allo sviluppo e progettazione. Ho anche avuto la possibilità di realizzare un tirocinio in Sudamerica, e scegliere come destino il Cile ha senza dubbio influito sul mio percorso posteriore. Di ritorno in Italia mi sono laureato e mi sono iscritto ad un Master Internazionale di Cooperazione allo Sviluppo e Responsabilità Sociale e Ambientale. Il "caso" ha voluto che il master si svolgesse in Italia e di nuovo in Cile, nella città di Talca.
Cosa fai oggi e dove vivi?
Dopo il master sono rimasto a Talca, e oggi lavoro come docente e ricercatore nel Dipartimento di Scienze Sociali dell’Universidad Católica del Maule e nel Centro de Estudios Urbano-Territoriales (CEUT). Nel tempo libero leggo moltissimo e scrivo quando posso, da anni sto cercando di imparare a suonare la chitarra decentemente e non ci riesco, mi impegno nel sociale.
Quali esperienze lavorative hai fatto prima di diventare docente e ricercatore presso l'Università Cattolica del Maule in Cile?
Prima ho lavorato per un anno e mezzo in una fondazione locale che faceva assistenza tecnica ai campesinos del Secano Interior nella regione del Maule. Poi sono stato invitato a collaborare con l'ONG Surmaule di Talca, che faceva un lavoro molto interessante di empowerment comunitario. É stato un periodo intensissimo, sono rimasto per 6 anni e ho avuto la possibilità di svolgere la funzione di direttore dell’organizzazione. É stata un’esperienza di vita enorme. Un po' alla volta sono poi passato all’Università, prima come docente part time e poi a tempo pieno e assumendo anche il ruolo di ricercatore.
Da poco nella tua attività di ricerca storica hai scritto un libro dal titolo Los italianos de Parral. La colonia antes de Colonia Dignidad, sull’emigrazione italiana in Cile ed in particolare trentina e abruzzese. Ce ne vuoi parlare brevemente, con particolare riguardo alla comunità trentina?
Nel libro che ho scritto convivono tre storie. Innanzitutto la disastrosa esperienza di centinaia di emigranti trentini e abruzzesi che, nel secondo dopoguerra, furono selezionati dal governo italiano per partecipare a progetti agricoli in Cile. La seconda, ancor più cupa, narra poi di come nello stesso territorio in cui furono infranti i sogni degli italiani della colonia di San Manuel de Parral, si insediò negli anni '60 una setta tedesca comandata dall'ormai famigerato Paul Schäfer, pedofilo pro-nazista e colpevole col tempo di traffico d’armi, evasione fiscale, tortura e assassinio politico. In questa indagine costruita sulla base di testimonianze e aneddoti, cerco quindi di capire le responsabilità etiche e morali dello stato italiano nella vicenda. Infine, c'è anche un po’ della mia storia.
Ci parli della tua attività di docente e ricercatore sull’immigrazione in Cile e di come coniughi le due attività?
Oltre alla dimensione storica, lavoro anche sui processi attuali di immigrazione in Cile. Si tratta di un fenomeno sociale relativamente nuovo, prima questo paese era fuori dalle rotte della mobilità umana. Oggi c'è un sacco di lavoro da fare per evitare che, anche qui, si ripetano ad infinitum le dinamiche di discriminazione e razzializzazione. Possiamo dire che é una ricerca applicata. A livello di docenza, invece, mi occupo di diversi temi che riguardano lo sviluppo locale, il territorio e la progettazione.
Perché la gente si sposta verso il Cile, cosa trovano queste persone in Cile che non c’è nei loro Paesi di provenienza?
Oggi l’immigrazione in Cile è rappresentata da un tipo di movimento sud-sud. Le comunità più presenti sono centroamericane o sudamericane, come la venezuelana, la colombiana e la haitiana. Si tratta di realtà socio-economiche difficili, dove esistono restrizioni politiche o situazioni di povertà assoluta. In Cile queste persone cercano una società più stabile, un progetto di vita, anche se non sempre riescono a trovarlo.
Quale momento storico si vive ora in Cile?
Siamo in un momento storico importantissimo. Dopo le grandi manifestazioni sociali del 2019 (la nostra “primavera”), che hanno messo in discussione il modello di sviluppo cileno e protestato soprattutto contro la disuguaglianza che affligge il paese, è stato avviato un importante processo politico di riforme strutturali, tra cui anche la redazione di una nuova Costituzione. É un momento di estrema complessità, ma carico di speranza.
Hai una tua famiglia? come vivete la quotidianità; pensi di aver trovato il tuo posto in Cile?
Sono sposato con una ragazza cilena, Carla, e abbiamo una figlia di quasi 10 anni, Celeste. Siamo felici. La nostra quotidianità non è poi così diversa da quella di una famiglia in Italia, anche se ovviamente l’aspetto interculturale è molto importante. Abbiamo modi di fare e di essere a volte molto diversi, la casa è sempre animata da diverse lingue, lo spagnolo, l'italiano e il dialetto bienato, ma siamo consapevoli che la convivenza è una costruzione che si fa assieme, giorno per giorno. Sì, senza dubbio il mio posto adesso è qui.
Come hai vissuto nel 2010 il potente terremoto in Cile?
All’inizio un sacco di paura, la forza che scatena un movimento tellurico di quelle proporzioni (8,8 sulla scala Richter) è incommensurabile, enorme. Si prova instabilità, insicurezza. Un po' alla volta l’esperienza dei sensi lascia spazio a quella delle relazioni familiari e sociali: è il punto da cui ripartire. In quel tempo ho avuto la fortuna di lavorare nell’ONG Surmaule, con l'associazione ci siamo impegnati a fondo nel processo di ricostruzione psicosociale e materiale di diverse comunità locali. E tra l’altro, diverse iniziative sono state rese possibili dalla solidarietà trentina.
Attualmente sei alle prese con la traduzione in italiano del tuo libro, quali altri progetti futuri hai in mente?
A livello di ricerca voglio continuare ad esplorare "la terra di mezzo", quella che costruiscono i migranti con i loro viaggi e le loro vite. Ora sono impegnato, con un collega italiano, nello studio dei percorsi dei venditori di stampe del Tesino tra il 700 e l’800, e spero di riuscire a capire come si mossero in America Latina. Il prossimo anno, poi, dovrebbe uscire un libro in cui ho invitato diversi scrittori e scrittrici cilene a raccontare la vita di alcuni autori stranieri che, negli ultimi due secoli, hanno vissuto in Cile e hanno prodotto qui le loro opere.