In Trentino ci sono 143 alberghi abbandonati da più di 10 anni: il piano della Provincia per recuperarli
Il gruppo di lavoro ha terminato la ricognizione: i punti caldi per numero di strutture sono il Monte Bondone e Folgaria, ma Levico ha il record per territorio occupato da hotel dismessi. Quattro ipotesi di riutilizzo
TRENTO. Ci sono, in Trentino, 143 strutture alberghiere dismesse da più di 10 anni. Il numero degli alberghi chiusi, in realtà, è più alto, e la cronaca recente, che narra di fallimenti e acquisizione sospette, ne è testimonianza. Ma la soglia dei 10 anni è di suo significativa: 143 alberghi dismessi rappresentano più del 10% delle strutture ricettive attualmente presenti in provincia.
Rappresentano, in realtà, molto altro: elementi di degrado paesaggistico, spesso in zone fortemente vocate al turismo, allo stesso tempo un'occasione di riqualificazione, attraverso il loro recupero o il loro abbattimento.Nel mentre, in consiglio provinciale, si discute della manovra di assestamento che prevede la costituzione del "fondo alberghi", definendo modalità di intervento pubblico-privato per salvare e riqualificare esercizi in difficoltà, viene resa nota la ricognizione fatta da un gruppo di lavoro dell'Osservatorio del paesaggio trentino (cui hanno partecipato anche rappresentanti di categoria, di Asat e Unat) che - contributo prezioso - non solo ha "fotografato" il fenomeno, ma ha pure dato indicazioni puntuali circa il possibile riuso degli alberghi dismessi.
La ricognizione delle strutture.Il fenomeno della dismissione delle strutture alberghiere - rileva il gruppo di lavoro coordinato dall'architetto Giorgio Tecilla - ha interessato con dinamiche particolarmente accentuate i comuni di Folgaria e di Trento, con 10 alberghi chiusi (si pensi al Monte Bondone), Levico Terme e Moena (8 chiusi), Canazei (6), Brentonico, Cavalese, Lavarone, Ledro, Nago-Torbole (5), Baselga di Piné, Ruffrè-Mendola (4), Castello Tesino, Pergine Valsugana, Predaia, Riva del Garda, Sant'Orsola Terme (3), Ala, Borgo Chiese, Capriana, Malé, Ossana, Pieve Tesino, Porte di Rendena, Rabbi, Ronzone, Vallarsa (2).
In altri 33 comuni c'è un albergo dismesso da più di 10 anni.
Quanto "pesa" in superficie e volumi questo abbandono? Le 143 strutture hanno una superficie coperta di circa 6 ettari e impegnano una superificie fondiaria (sedime edificato e pertinenze) di circa 19 ettari, con una superficie utile lorda (Sul) di 228 mila m2 e un volume stimato di circa 685 mila m3. Per volumetrie dismesse, superano i 30 mila m3 i comuni di Folgaria, Ruffrè-Mendola, Moena, Sant'Orsola Terme, Nago-Torbole, Lavarone e Levico Terme.
Gli ultimi due registrano valori da primato: 65 mila metri cubi Levico Terme, 53 mila Lavarone.
Levico è primatista anche per territorio occupato da alberghi dismessi: 1,8 ettari di superficie.Abbandoni per ambito turistico.Se si considerano gli alberghi dismessi in riferimento agli ambiti turistici delle Apt (Aziende di promozione), emerge una particolare concentrazione nelle aree delle Apt della Valsugana-Tesino, di Folgaria Lavarone Luserna, delle valli di Fiemme, Fassa, Non e degli ambiti di Trento, Rovereto e Garda Trentino, dove ci sono 10 o più strutture chiuse.
L'ambito Valsugana-Tesino ha sia la maggiore superficie impegnata (3,4 ettari), sia la maggiore volumetria fuori terra (114 mila m3). Alberghi e nuova destinazione.Ai fini di un possibile intervento sugli alberghi dismessi, l'Osservatorio del paesaggio ha considerato anche la loro localizzazione.
C'è una netta prevalenza delle strutture dismesse poste all'interno del tessuto edificato (77 su 143) e una presenza significativa di alberghi isolati (41). In particolare sono le Apt della Valsugana e Tesino e degli altipiani cimbri a registrare la presenza di strutture alberghiere isolate: per quasi 2,6 ettari la prima; per 1,4 ettari la seconda. Inoltre, 66 strutture ricadono ancora in aree a destinazione urbanistica alberghiera o per agriturismo, 40 sono collocate all'interno di centri storici e 33 sono in aree destinate a residenza di recente impianto. Va inoltre considerato che per 56 strutture dismesse (il 39% di quelle censite), la destinazione d'uso non risulta più essere quella alberghiera, il segno di una «avvenuta rifunzionalizzazione».
Il Piano provinciale
I 143 alberghi dismessi da più di 10 anni rappresentano 680 mila m3 di costruito e circa 19 ettari di superficie fondiaria coinvolta. Per il gruppo di lavoro dell'Osservatorio del paesaggio, sono «una risorsa da valorizzare in termini di rifunzionalizzazione e riuso, al fine di evitare la compromissione di nuove aree libere, agricole o naturali». Una risorsa, quindi, per perseguire l'obiettivo del contenimento dell'uso del suolo, che anche in Trentino non si ferma (vedi l'Adige di ieri, ndr), stando però attenti con il riuso, si avverte, a non «favorire il riemergere del fenomeno delle "seconde case"», un modello di turismo che «è fonte di consumo di suolo e di degrado insediativo e per tale ragione compromette l'integrità della risorsa paesaggistica che il Trentino offre sul mercato turistico».
Sono quattro gli scenari proposti dal gruppo di lavoro, considerando le 87 strutture (su 143) che ancora hanno destinazione ricettiva, totale e parziale (55 hanno cambiato destinazione) e valgono circa 160.500 metri cubi.
Il primo scenario è la ripresa dell'attività ricettiva. Vuol dire considerare, tra le cause della chiusura, le difficoltà legate al cambio generazionale e operare per la gestione della transizione da modelli di imprenditorialità familiare a modelli manageriali. È lo scenario giudicato privilegiato, da perseguire nelle zone ad alta intensità di attività turistica, Alto Garda e Fassa in primis, puntando sulla qualità. Tra i suggerimenti, c'è l'utilizzo della "leva fiscale": ridurre i tributi locali in caso di riattivazione dell'attività alberghiera.
C'è anche la proposta di attivare l'istituto del "condhotel", ancora poco conosciuto dagli operatori del settore.Il secondo scenario è la demolizione delle strutture dismesse con un riassetto delle aree in una prospettiva di riqualificazione paesaggistica e funzionale: rinaturalizzazione, realizzazione di aree a verde, etc.
Tra le proposte, ricorrere al "Fondo del paesaggio", con un intervento pubblico-privato, per affrontare i costi di rimozione, demolizione e riassetto delle aree (15-30 euro a m3 solo per la demolizione), e prevedendo la compensazione del "suolo consumato". Il terzo scenario è la rifunzionalizzazione ad usi accessori all'attività alberghiera, anche agendo in consorzio tra gli operatori e i soggetti pubblici, per rispondere alla carenza di alloggio per gli operatori.
In questa direzione va l'ordine del giorno alla manovra di assestamento di bilancio proposto ieri da Pietro De Godenz e condiviso dall'assessore al turismo, Roberto Failoni, che prevede di studiare come destinare gli alberghi dismessi a foresteria per i lavoratori.
Il quarto scenario prevede la rifunzionalizzazione degli alberghi dismessi per usi diversi da quello ricettivo, quali la residenza o i servizi: alloggi Itea per la prima casa, servizi pubblici o privati, alloggi per professionisti o lavoratori impiegati in attività produttive o in servizi, provenienti da fuori provincia.