Operatori del comparto acqua minerale: allarme confermato, manca l’anidride carbonica
A sottolineare le complessità del periodo e dei rifornimenti è Samuele Pontisso, amministratore delegato di Pejo e Goccia di Carnia (due aziende del Gruppo "Fonti Italiane"), che ha spiegato come tutte le criticità si stiano riflettendo soprattutto sui clienti finali
BEVANDE Manca l'acqua? Sì, ma quella gasata
TRENTO. L'allarme era stato lanciato alcune settimane fa, ma ora è ufficiale: manca l'anidride carbonica (la CO2, le "bollicine" per intendersi) e gli operatori del comparto acqua stanno incontrando le prime, grandi difficoltà con la produzione di liquidi gassati. A sottolineare le complessità del periodo e dei rifornimenti è stato Samuele Pontisso, amministratore delegato di Pejo e Goccia di Carnia (due aziende del Gruppo "Fonti Italiane"), che ha spiegato come tutte le criticità si stiano riflettendo soprattutto sui clienti finali.
Pontisso, manca la CO2: quanto è grave il problema?
Parecchio, più che altro perché da un po' di tempo ormai manca la continuità di fornitura. Non è una problematica generale, si diffonde a "macchia di leopardo": un giorno il prodotto c'è, il giorno dopo no. Noi non siamo mai stati per più di due o tre giorni senza produrre acqua gassata.
Quali sono le conseguenze più gravi al momento?
Sicuramente la mancanza di CO2 crea ritardi nelle consegne e influisce sui clienti finali, per i quali cerchiamo in tutti i modi di incastrare i tempi, ma non è facile. Magari un giorno consegniamo l'acqua naturale, ma dobbiamo recuperare la frizzante. Non riusciamo a produrre in serie e questo crea problemi logistici non da poco nei nostri servizi agli acquirenti.
Processi che coinvolgono anche coloro che poi comprano l'acqua nei negozi.
Esatto, soprattutto in questo periodo in cui lavoriamo tantissimo viste le temperature molto elevate. Le persone notano il problema guardando i brand: pensiamo solo che Sant'Anna ha annunciato di non voler più produrre acqua frizzante, mentre gli altri in alcuni giorni ci sono e in altri no.
E riguardo ai prezzi d'acquisto?
Dal nostro punto di vista, sono letteralmente esplosi. Con cadenza quasi settimanale ci arrivano adeguamenti che i fornitori fanno per sopperire ai costi di produzione e di trasporto. Se compriamo la CO2 in Spagna ad esempio costa quattro o cinque volte in più del normale, in Olanda il doppio. Ma visto il momento, pur di non creare un disservizio siamo pronti a spendere quanto necessario.
Dunque il principio al momento è "Non mi interessa quanto pago, basta avere il prodotto"?
Sì. Sappiamo che c'è chi specula su questa situazione, ma gli impianti di produzione in Italia sono fermi e se vogliamo offrire il nostro servizio dobbiamo adeguarci a questo scenario. Da settimane sento dire che il più grande impianto, quello di Ferrara, dovrebbe riaprire: ora ho scoperto invece che probabilmente resterà chiuso anche in agosto e che, in tutta Europa, si parla di altre possibili chiusure.
Questa situazione potrebbe durare tutta l'estate?
Direi di sì, anche perché molti scenari non si stanno risolvendo. Guerra, rincari, instabilità generale, incertezza rispetto al futuro.
Ma perché non si può semplicemente produrre più CO2?
È molto semplice: si tratta di un prodotto derivato che non può essere creato autonomamente. Serve che vengano realizzati altri materiali, dai quali ricavare la CO2 ma, in questo momento, ciò non sta avvenendo.
E quanta ne servirebbe per garantire la produzione usuale?
Come Pejo ne usiamo circa 20 tonnellate a settimana, come Gruppo fino a 40. Ma la CO2 che arriva oggi in Italia copre solo il 50% del reale fabbisogno. Ricordiamoci che questo prodotto viene utilizzato in tantissimi settori, soprattutto nell'alimentare ma anche in quello metallurgico, dunque il problema è serio.