Troppi costi, caseifici a rischio chiusura: a spiazzare i produttori sono i continui rincari delle bollette
Gli operatori delle valli guardano a Trento e sperano negli aiuti pubblici. In un anno costi in stalla aumentati di 12 centesimi per ogni litro di latte, cui vanno aggiunti 8 centesimi in sede di trasformazione
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TRENTO. Grana, Spressa e Puzzone introvabili? Al momento no, ma non è detto che da qui a qualche tempo i caseifici trentini non decidano di abbassare temporaneamente le serrande per evitare di rimanere sotto i sempre più pesanti costi dell'energia. L'alternativa potrebbe esser quella di vendere direttamente il latte ai migliori offerenti. La provocazione - di cui si parla nell'ambiente da qualche settimana - è stata rilanciata l'altra sera alla presentazione del Festival «Formai da Mot» che si terrà nel week end di metà settembre nella valle del Chiese.
Frasi sibilline buttate lì non a caso in un momento di festa perché arrivino velocemente alle orecchie del decisore politico (era presente l'assessore provinciale Roberto Failoni) e spingere la giunta a metter mano al portafogli.«La situazione è drammatica» spiega Ezio Valenti, da poco più di un anno vicepresidente di Latte Trento, presente l'altra sera alla presentazione del Festival del formaggio di malga.
La gravità della situazione si manifesta in un doppio verso: quello degli allevatori, sempre più in difficoltà nel dover far fronte all'aumento generalizzato dei costi, e quello di chi il latte lo lavora, ma che dall'inizio dell'anno si vede ogni volta crescere la bollette dell'energia.Il vicepresidente di Latte Trento ci aiuta a fare un po' di conti: i mangimi sono passati nel giro di un anno da 34 a 52 euro il quintale, il mais è semplicemente raddoppiato: da 6,20 euro al quintale a 12, con l'aggravante che, vista la siccità dei mesi scorsi, quest'estate in Italia se n'è prodotto meno del fabbisogno nazionale.
Stesso discorso per il fieno: da 15 euro al quintale a 27-28 euro («e fanno pure fatica a consegnarlo, perché evidentemente qualcuno ci sta speculando») mentre l'erba medica (da 20 a 32 euro) è quasi introvabile. Da aggiungere che si sta parlando di prezzi sul luogo di produzione, cui va aggiunto il costo del trasporto. Il tutto senza dimenticare che in questi mesi hanno subito rincari anche gli altri prodotti utilizzati nelle stalle: dai guanti ai medicinali. Secondo le stime degli operatori del settore, in un anno l'aumento dei costi per un litro di latte in stalla si aggira sui 12 centesimi.
«La mia paura - afferma Valenti - è che dopo tre mesi di mucche in malga (con costi per il nutrimento abbattuti) al ritorno in valle tante stalle si ritroveranno con costi ingestibili e saranno costretti a chiudere».Il secondo lato della medaglia, quello su cui finora l'attenzione era rimasta spenta - riguarda i caseifici.
«Credo - continua Valenti - che qualche esempio faccia capire meglio di tante parole la gravità della situazione: il gas in un anno è passato da 0,30 a 2,30 euro al metro cubo: quindi normali bollette da 100 mila euro ora arrivano a 7-800 mila, se non addirittura ad un milione di euro. Il caseificio di Pinzolo a luglio 2021 aveva speso 5mila euro di energia elettrica, 12 mesi dopo siamo a circa 20mila».
Anche qui una stima parla di un aumento di costi di 8 centesimi per ogni litro di latte lavorato in caseificio. Che fare allora? Per coprire le spese bisognerebbe aumentare il prezzo di vendita. Ma ciò significherebbe far pagare al consumatore finale un formaggio 17-18 euro al chilo contro i 13 attuali. «Ma noi - spiega Valenti - non vogliamo riversare il costo sui nostri clienti, dopo che abbiamo fatto anni di sacrifici per guadagnare nome e credibilità».
Così, facendo due conti qualcuno ipotizza che potrebbe risultare più conveniente chiudere le porte dei caseifici e rivendere il latte ai grandi player nazionali ed internazionali. Strada obbligata? Nessuno si augura questo, ma se non dovesse arrivare un soccorso, la drastica soluzione non potrà essere scartata a priori.
E chi può darlo questo aiuto se non la Provincia? I vertici di Latte Trento per il momento evitano di sbilanciarsi, in attesa di capire se la giunta tenderà la mano, ma è chiaro che la situazione viene monitorata di continuo. Un sostegno agli allevatori tramite Codipra è arrivato all'inizio dell'estate e proprio la scorsa settimana Piazza Dante e la Cooperazione hanno rinforzato il patto di collaborazione per affrontare l'emergenza. Intanto, vista la remunerazione in crescita per quanto riguarda la carne di bovino in aumento, qualcuno sta già sfoltendo le stalle. Non è un buon segnale.