Il meteorologo dell’Università di Trento: “Al lavoro per evitare altre catastrofi, ma in Italia ci sono poche risorse”
L’intervento di Dino Zardi: “L'aria fredda che ha cominciato a soffiare da Nord sull'Italia sta allontanando le masse d'aria più calde e umide, mitigando così il rischio di altri nubifragi, come quello che ha colpito le Marche. Rimane però il calore accumulato nelle acque superficiali del Mar Mediterraneo”
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TRENTO. Serve una capacità di calcolo enorme per riuscire a prevedere eventi estremi molto localizzati, come è stato il nubifragio che si è abbattuto sulle Marche. È una capacità che i modelli utilizzati attualmente per le previsioni meteorologiche non hanno ancora, ma che a breve potrebbero trovare grazie al supporto di supercomputer e sistemi di intelligenza artificiale.
Parla di «passi in avanti rivoluzionari», il documento dell'Ufficio meteorologico britannico che descrive come apprendimento automatico e intelligenza artificiale aiuteranno le previsioni meteo da qui al 2027. È un cambiamento alle porte che potrebbe trovare terreno fertile anche nel nostro Paese: «L'Italia ha tutte le competenze necessarie in questo campo. Abbiamo il know-how, ma non le risorse", ha detto il fisico dell'atmosfera Dino Zardi, studioso di origine mantovana, ma coordinatore del corso di laurea in Meteorologia dell'Università di Trento e presidente dell'Associazione italiana di scienze dell'atmosfera e meteorologia (Aisam).
«La tecnologia mette a disposizione delle previsioni un grande volume di dati, che va gestito. Per ottimizzarne l'elaborazione, in molti Paesi si cominciano a utilizzare sistemi di intelligenza artificiale e di apprendimento automatico. Anche in Italia - ha aggiunto l'esperto - avremmo le risorse per farlo grazie ai fondi del Pnrr, ma non c'è una linea di finanziamento regolare per poter sviluppare la meteorologia operativa».
Vale a dire che manca un sistema che riesca a sostenere la meteorologia in modo regolare, a partire dalla formazione, passando per i centri di ricerca fino alle strutture del territorio preposte alle previsioni. «Si tratta - rileva Zardi - di sostenere in maniera regolare un settore strategico».
La Germania, per esempio, lo sta facendo da almeno 20 anni: «Grazie all'accordo fra le maggiori università del Paese e a finanziamenti si è stabilita una connessione fra mondo della ricerca, sviluppo e servizi meteorologici", dice l'esperto. In Italia comincia a muovere i primi passi l'Agenzia nazionale per la meteorologia, che avrà al suo fianco il supercomputer Leonardo, in fase di assemblaggio presso il Tecnopolo di Bologna, mentre l'Ufficio meteorologico britannico ha già cominciato a utilizzare un sistema di intelligenza artificiale per processare i dati raccolti dalle stazioni meteorologiche di superficie.
Le previsioni meteo avranno nuovi alleati anche dallo spazio, con i satelliti europei Meteosat di terza generazione, che scandaglieranno l'atmosfera in modo da cogliere i minimi segnali che annunciano cambiamenti imminenti.
Nel frattempo, si lavora per migliorare il più possibile i modelli attualmente disponibili e lo si fa in due modi. Il primo consiste nel verificare gli errori, come fa quotidianamente il Centro meteorologico europeo, evidenziando i punti in cui il modello ha sbagliato maggiormente; il secondo punta ad affinare i sistemi di previsione con campagne di raccolta dati per acquisire il maggior numero possibile di conoscenze a livello locale.
I meteorologi italiani, per esempio, lo stanno facendo sull'arco alpino, per elaborare modelli più dettagliati della circolazione atmosferica. E che cosa ci dobbiamo aspettare nei prossimi giorni? L'aria fredda che ha cominciato a soffiare da Nord sull'Italia sta allontanando le masse d'aria più calde e umide, mitigando così il rischio di altri nubifragi, come quello che ha colpito le Marche. Rimane però il calore accumulato nelle acque superficiali del Mar Mediterraneo, rischiando di alimentare i «medicane», ossia i cicloni tipici del Mediterraneo, dice Zardi.
«La situazione atmosferica è estremamente variabile e mobile. L'aria fredda sopraggiunta dalle alte latitudini - ha detto l'esperto - ha "scalzato" le masse d'aria riscaldate durante le ultime settimane, con gli effetti che abbiamo visto. Queste irruzioni di aria più fredda in regioni in cui ha stazionato a lungo aria che si è riscaldata, spesso dà luogo a fenomeni temporaleschi, anche intensi».
Ma a questo punto è il mare "l'osservato speciale". Se lungo la penisola si dovrebbe andare incontro a una situazione più stabile, in linea con la situazione meteorologica tipica di questo periodo, sul mare le cose stanno diversamente. Le temperature anomale dell'estate scorsa hanno riscaldato l'acqua e, poiché l'acqua ha una capacità termica molto maggiore dell'aria, il calore accumulato è parecchio. Le acque superficiali di un mare interno come il Mediterraneo sono più "stanziali" rispetto alle masse d'aria atmosferiche, non è facile smaltire questo calore .
«In questo momento nel Mediterraneo l'acqua è molto più calda della media», ha osservato Zardi, e questo accade proprio nel periodo in cui comincia il periodo dei medicane. Questi si generano quando l'arrivo di una perturbazione innesca una prima depressione, e il vortice ciclonico che si crea solleva l'aria calda e più umida, e quindi più leggera, accentuando e alimentando la depressione e l'intensità del vortice associato. È molto difficile prevederli: si vedono con un anticipo di 2-3 giorni».
Questo, osserva l'esperto, «è il periodo in cui i cicloni del Mediterraneo tendono a formarsi più facilmente. È durante la transizione dall'estate all'inverno, infatti, che arrivano le prime perturbazioni atlantiche, che producono piccole depressioni che contribuiscono ad innescare i medicane».