Apss, a gennaio sarà a regime la nuova organizzazione basata sul modello di "ospedale policentrico"
Le rassicurazioni dell'Azienda pubblica trentina sull'attuazione del progetto che riguarda la creazione dei distretti e la rete ospedaliera provinciale articolata in sette strutture
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TRENTO. Nell'ampio documento riguardante il 2021 dell'Azienda sanitaria sono parecchi i riferimenti alla nuova organizzazione, ribattezzata "ospedale policentrico".
Oggi, a fine 2022, ci siamo. O, meglio, dovremmo esserci: nell'analisi si sottolinea che «l'applicazione a regime della nuova organizzazione è prevista dall'1 gennaio 2023».
Fra soli 37 giorni, quindi, il piano sarà operativo e a regime. Per farlo ci vorrà evidentemente una forte accelerazione nel mese di dicembre, considerando che i tasselli non ancora al loro posto, o meglio non ancora ufficializzati, sono ancora molti. L'iter del piano voluto dall'assessora Stefania Segnana e dal direttore Giancarlo Ruscitti e realizzato - in ultima battuta, considerato che negli ultimi due anni si sono alternati ben tre direttori generali - da Antonio Ferro è diventato ufficiale il 28 agosto del 2021 con la delibera provinciale con le direttive.
Poi, il 30 dicembre dell'anno scorso, la creazione dei distretti e il 21 aprile di quest'anno il nuovo regolamento è stato adottato ufficialmente, con l'approvazione definitiva deliberata il 13 maggio. Oggi, quindi, resta solo una ultima data: l'1 gennaio 2023 tutto sarà a regime.
Nel documento si sottolinea che «è previsto il superamento definitivo del modello organizzativo sperimentale, attraverso il potenziamento del Dipartimento di Prevenzione, il ripristino e il potenziamento dei Distretti Sanitari, anche a garanzia di una migliore integrazione sociosanitaria, l'istituzione di un'unica Rete Ospedaliera articolata su sette strutture aziendali secondo un modello di "Ospedale Policentrico", fortemente integrato con il territorio».
E ancora: «Si tratta di un'unica rete ospedaliera, articolata in 7 strutture e costruita su due esigenze fondamentali fra cui ricercare un punto di equilibrio: la prossimità delle cure e la specializzazione. Nella gran parte dei casi i malati possono essere seguiti nell'ospedale del territorio di riferimento; nei casi restanti, o in momenti specifici del percorso di cura, saranno seguiti in un Centro della rete specializzato per la loro patologia».
Ma vediamo alcuni dei tanti numeri contenuti nella relazione sulla gestione 2021 dell'Azienda sanitaria.
Tra ticket e prestazioni ambulatoriali in libera professione presso le strutture dell'Azienda sanitaria, nel 2021 i trentini (ma in parte anche pazienti da fuori) hanno versato un totale di 31 milioni di euro per prestazioni sanitarie ricevute, in particolare visite ed esami.
Nello specifico 11 milioni 829 mila euro sono stati pagati per prestazioni libero professionali intramoenia (ossia visite private erogate negli ambulatori dell'Apss), mentre 19 milioni 057 mila euro è l'importo incassato dall'Azienda sanitaria per i ticket. Una cifra di tutto rispetto soprattutto se si considera che in Trentino ci sono più di 250 mila esenti. 109.065 sono esenti per età e reddito e 141.885 per altri motivi.
Per quanto riguarda l'accesso alle prestazioni libero professionali, scelta in parte legata ai tempi d'attesa che si sono dilatati durante il periodo Covid e anche dopo per le liste d'attesa che si sono create, va detto che i numeri non si discostano di molto da quelli del 2019 e anzi nel 2021 si sono rivelati inferiori. Nel 2019, infatti, la spesa per prestazioni libero professionali intramoenia era stata di 12.274.300 euro, e di questi 9.7 milioni erano poi stati "girati" al personale medico.
La differenza è ciò che l'Azienda sanitaria trattiene per sé per aver messo a disposizione gli ambulatori, il personale amministrativo, il sistema di prenotazione e pagamento e altri servizi. Anche l'importo incassato per i ticket non ha ancora raggiunto gli importi del 2019 quando l'Apss aveva incassato 22 milioni 165 mila euro (21.672.678 nel 2019.
Nella relazione sono indicati anche i dati che fotografano l'assistenza sanitaria sul territorio legata ai medici di famiglia, alle guardie mediche, ai pediatri. Un'assistenza importantissima perché fa da filtro tra pazienti e rete ospedaliera. Considerato il calo del numero dei medici di medicina generale passati da 332 nel 2019 a 324 nel 221, anche il numero degli assistiti per medico è aumentato arrivando a 1.458 pazienti per professionista rispetto ai 1.417 di tre anni fa.
Diversa la situazione per i pediatri che sono rimasti 71, ma che hanno visto un calo dei piccoli pazienti, da 1.014 bambini pro capite a 983. Elevatissimo il lavoro per questi professionisti, basti pensare che in un anno hanno compilato 11.402 ricette, pari a 8,31 ricette per ogni assistito. Questo ultimo numero è aumentato, anche se di poco, nel corso degli ultimi anni. L'analisi fornisce poi numeri anche sull'assistenza ospedaliera. In totale l'assistenza ospedaliera è costata, nel 2021, 644,8 milioni.
L'assistenza ospedaliera per acuti è quella che prende la maggior parte dei costi con 489 milioni di euro. Segue l'attività di pronto soccorso con 74 milioni di euro e l'assistenza ospedaliera per riabilitazione con 40 milioni euro. Più alto il costo complessivo dell'assistenza distrettuale (737,8 milioni di euro), con le voci più elevati legate all'assistenza specialistica ambulatoriale (177 milioni euro), l'assistenza sociosanitaria domiciliare e territoriale (113 milioni ) e l'assistenza farmaceutica (128 milioni di euro).Analizzando i dati 2021 è evidente che la sanità fatica ancora a recuperare dopo lo stop legato al Covid ma i numeri parlano di una ripresa.
«Si registra un incremento dell'attività di laboratorio e di radiologia anche rispetto al 2019. I volumi di prestazioni ambulatoriali di altre specialità registrano un importante recupero rispetto al 2020, ma rimangono comunque sotto la media 2019. Anche l'attività di telemedicina a seguito delle riaperture ha subìto un rallentamento, sia in termini assoluti, sia in proporzione sul totale delle visite erogate, assestandosi su una percentuale poco inferiore al 10%. Di tutte le visite svolte in telemedicina, oltre l'80%. Solamente una piccola parte sono prime visite».