Maltrattamenti continui, tolto per quasi quattro anni il figlio a un padre violento
Nel corso del processo è emerso che l'uomo, con le sue azioni, ha determinato nel bimbo una profonda sofferenza psicologica. La Cassazione conferma la sentenza della Corte d'appello di Trento, con una sola variazione riguardante la durata del periodo di sospensione dell'esercizio della responsabilità genitoriale
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TRENTO. Maltrattamenti continui, non azioni finalizzate ad educare il bambino o modificare in senso positivo atteggiamenti sbagliati: di questo è accusato un padre che, come è emerso nel corso del processo, con le sue azioni ha determinato nel figlio una profonda sofferenza psicologica. L'uomo è stato condannato sia in primo che in secondo grado con la sospensione dell'esercizio della responsabilità genitoriale, ma con la sola differenza di una riduzione in appello della pena a fronte di un ricalcolo del periodo in cui i maltrattamenti sono stati perpetrati.
Ma il reato rimane, come hanno evidenziato i giudici della Cassazione: le condotte possono essere qualificate come abuso di mezzi di correzione solo nel caso di violenze limitate ad episodi, mentre quelle accertate dell'imputato «non rilevano gli intenti correttivi del padre e la esistenza di un intenso legame emotivo e affettivo fra l'imputato e il figlio, il cui stato di sofferenza psicologica è stato accertato al di là delle sue dichiarazioni».
Dunque confermata dagli Ermellini la sentenza della Corte d'appello di Trento, con una sola variazione: lo "sconto" sul periodo in cui gli è stato "tolto" il figlio, rideterminato in tre anni, dieci mesi e 20 giorni.
Tra abuso di mezzi di correzione e maltrattamenti la differenza c'è dal punto di vista etico e, in particolare in questo caso, dal punto di vista giuridico, per una diverso "peso" nella determinazione della pena: reclusione fino a sei mesi per la prima ipotesi e da tre a sette anni per il secondo reato.
Dopo i giudizi di primo e secondo grado, il padre condannato ha presentato ricorso sostenendo che i fatti debbano essere riqualificati in "abuso di mezzi di correzione".I magistrati della Sezione 6 della Corte Suprema di Cassazione ricordano che «condotte sistematicamente violente (sul piano fisico e/o psicologico) anche quando finalizzate a educare, non rientrano nell'ambito della fattispecie di abuso di mezzi di correzione ma concretizzano elementi costitutivi del più grave reato di maltrattamenti».
La violenza fisica o psichica non può essere ritenuta un abuso di mezzi di correzione, perché «le condotte connotate da modalità aggressive sono incompatibili con l'esercizio lecito del potere correttivo e educativo che mai deve deprimere l'armonico sviluppo della personalità del minorenne».
Il ricorso del padre è stato accolto solo nella parte in cui è stata chiesta la rideterminazione della pena accessoria (ossia la sospensione dell'esercizio della responsabilità genitoriale), a fronte della riduzione della pena principale decisa dalla Corte d'appello. Al padre è stato "tolto" il figlio per un periodo di quasi 4 anni.