Al via anche la caccia a cervi e caprioli, da due settimane si poteva sparare a camosci e mufloni
Domani, domenica 3 settembre, si apre l'attività venatoria che vedrà nel mirino anche le altre due specie di ungulati. In Trentino stabile il numero di iscritti all'Associazione cacciatori (5.778) ma sono in calo costante i giovani
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TRENTO. Al via la caccia a caprioli e cervi da domani, domenica 3 settembre. Ecco che dopo camosci e mufloni, per cui si è potuto ricominciare a sparare dal 16 agosto scorso, riparte la stagione venatoria autunnale anche per queste due specie di ungulati.
Per il capriolo maschio la stagione si protrarrà fino al 19 ottobre, mentre per la femmina fino al 31 dicembre (come per il piccolo). Per quanto riguarda invece il cervo sia maschio che femmina (e piccoli) fino a fine dell'anno.I numeri.Per quanto riguarda i numeri di capi assegnati per il 2023 nei sette distretti faunistici del Trentino (quindi la cifra massima di esemplari da abbattere) sono 4.409 i cervi; 6.378 i caprioli e 3.365 i camosci. Programmi di prelievo che già erano stati definiti dalla Provincia già nel 2022, su proposta dell'Associazione cacciatori trentini (Act) a cui è affidata la gestione. Stando alle cifre fornite dall'Act, se nel 2018 si parla di 4.185 caprioli abbattuti su 6.729 assegnati, nel 2022 il numero si è abbassato a 3.644 su 5.553 effettivamente assegnati.Trend in lieve diminuzione anche per i camosci: se nel 2018 ne sono stati colpiti 2.985 su 3.436, nel 2022 sono 2.928 rispetto ai 3.266 previsti.
Diverso invece il discorso per i cervi, specie che merita un capitolo a parte. Vista anche la loro crescita considerevole sul territorio, se nel 2018 sono stati abbattuti 2.287 cervi su 2.767, nel 2022 sono invece stati 3.491, rispetto ai 3.921.Il cervo. Degno di nota, stando a quanto riportato dall'associazione cacciatori, l'aumento del numero di cervi su tutto il nostro territorio. I censimenti stimano come in pochi decenni questo ungulato, quasi scomparso dal Trentino sia riuscito a reinsediarsi su tutto l'arco alpino: dai poco più di 12 mila capi nel 2018 si è arrivati ai 14.434 del 2021.
Non a caso per il cervo si parla di politiche di contenimento. «Questo esemplare ha avuto un'importante accelerata nella crescita - spiega il direttore di Act, Ruggero Giovannini -. Nell'ultimo decennio sono aumentati di circa il 30%». Questo si deve anche grazie a un «habitat naturale favorevole» a livello locale. «Ha contribuito anche il fatto che, tante delle aree che in passato erano destinate all'agricoltura, ora sono state abbandonate». L'abbandono, in alcune zone, delle terre alte «è stato un vantaggio per alcune specie di animali».
Per quanto riguarda le altre specie risultano essere in leggero aumento i camosci (stando ai censimenti) nonostante l'epidemia di rogna sarcoptica che colpito le aree di Val di Fiemme e Fassa, e una parte del Primiero. Stabile invece il numero di caprioli che presentano però un trend che tende più verso il basso.
Invariate (o quasi) le cifre degli associati all'Act che conta poco meno di 6mila iscritti in tutto il Trentino. «Non si può parlare di crescita, è cambiato l'approccio nei confronti della montagna. Le nuove generazioni oggi hanno sviluppato un altro tipo di sensibilità rispetto a un tempo» spiega Giovannini. Stando al bilancio sociale dell'associazione a fine 2022 si contavano 5.778 soci, dei quali 145 nuovi ingressi. In linea quindi con il 2021. Per quanto riguarda la composizione, se la quasi totalità degli appartenenti sono uomini, un bassissimo 2,47% è rappresentato da donne. La fetta più ampia dei soci (pari a un 21,75%) hanno tra i 51 e i 60 anni. Solo l'1,3% ha un'età compresa tra i 18 e i 20 anni. Da notare però come negli ultimi due anni siano aumentate le domande pervenute alla Provincia per l'abilitazione all'esercizio dell'attività venatoria (per cui è previsto un esame): «Sia nel 2022 che nel 2023 sono state raccolte circa 250 domande per ciascun anno, 500 in totale per sostenere la prova» conclude il direttore. F. C.