Tateo torna al Santa Chiara, la sorella di Sara Pedri: “Andiamo avanti e non ci arrendiamo”
Saverio Tateo è stato reintegrato nella funzione di direttore dell'unità operativa di ginecologia e di ostetricia dell'ospedale Santa Chiara di Trento. Lo ha stabilito il giudice del lavoro Giorgio Flaim, che ha ritenuto illegittimo il licenziamento e ha condannato l'Azienda sanitaria al pagamento delle retribuzioni non percepite
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TRENTO. «Noi andiamo avanti per la nostra strada. Dopo un anno di incidente probatorio il 24 novembre ci sarà la prima udienza preliminare al tribunale di Trento per il processo penale: è quella la data cerchiata in rosso sul calendario, quella di ieri non facciamola più grande di quella che è. Siamo ancora in mare aperto, tutti quanti. Io non mi arrendo, noi non ci arrendiamo». Emanuela Pedri, la sorella di Sara Pedri, va avanti. Come da trenta mesi a questa parte, ovvero da quel maledetto 4 marzo 2021, giorno della scomparsa della giovane ginecologa di Forlì, non smette di lottare. Come una leonessa è a caccia di risposte. E soprattutto della verità.
Come ha preso la notizia venerdì del reintegro del primario Tateo deciso dal giudice del lavoro?
Non è stata una bella notizia. E dopo averla letta, per qualche minuto, è stata dura. Ma c'è un "però": ovvero che non è la peggior notizia possibile. E non facciamola più grande di quella che è: è una piccola notizia.
Ci spieghi.
Bisogna scindere le due situazioni. Una questione è il contratto di lavoro tra il dottor Tateo e l'Azienda sanitaria. Quello è un affare, nel quale non siamo coinvolti. E poi c'è la questione giuridica, alla quale ci siamo affidati.
È innegabile, tuttavia, che la sentenza del giudice del lavoro possa avere dei riflessi anche sull'altro filone, portato avanti dalla vostra famiglia e dalle testimonianze del personale del reparto.
Se non sono contenta della notizia di oggi è per una questione di senso civico. Mi sarei aspettata altro, ma quello che aspetto davvero è quello che decideranno i giudici del processo penale. Quindi non facciamo di quanto deciso dal giudice del lavoro una cosa più grande di quella che è.
Da quanto emerso, vengono esclusi i maltrattamenti in reparto.
Ho letto tomi e tomi di testimonianze, attendo le pagine della sentenza, che mi dicono essere più di duecento. Ad oggi le informazioni che abbiamo sono scarne, per un'analisi più completa bisogna attendere di avere in mano le motivazioni.
E nel frattempo andrete avanti.
Certo. A chi in queste ore mi ha detto "Ecco, è tutto finito" dico che non è così. Che non bisogna arrendersi e che bisogna andare avanti. E credo che, visto il coraggio che hanno dimostrato, non mollino nemmeno le ventuno parti offese del processo. Non siano delusi: la procura ha lavorato tantissimo, poi grazie ai pm, ai Nas, alle coraggiose testimonianze, sono emersi tanti elementi che hanno portato a una data per la prima udienza. E già quello è tanta roba, come si dice adesso.
La sentiamo come sempre decisa e convinta, pensavamo sarebbe stata delusa e demoralizzata.
Se quella di ieri potrebbe essere una vittoria, un gol, per l'altra parte, noi abbiamo già avuto la vittoria e il gol di essere arrivati all'udienza preliminare. Quella la viviamo come un successo, come una luce, seppur ancora flebile. Poi succeda quel che succeda, c'è un percorso da portare avanti: una strada che ha avuto ora una parentesi forse paradossale, ma che vogliamo continuare a percorrere.
L'Azienda sanitaria si è chiusa nel silenzio e non ha voluto dire nemmeno una parola.
Ritengo che l'Apss non accetterà di buon grado il risultato di ieri e spero impugneranno la sentenza. Ma ribadisco, lì si parla di lavoro e di licenziamento, è una questione giuslavoristica.
Avanti, quindi. In nome di Sara ma non solo.
Siamo ancora in pieno mare aperto. Tutte le parti, tutte le persone coinvolte lo sono. Noi andiamo avanti e nel frattempo continuo a insegnare ai miei figli il valore del rispetto umano, il non aver paura di dire la verità e il provare a cambiare le cose che non funzionano. Attendiamo il 24 novembre, con la testa alta e con fiducia.