Aggressioni e lesioni, l'altra emergenza per il personale sanitario
Continuano i casi di violenze subite da medici e infermieri sul posto di lavoro, particolarmente a rischio il pronto soccorso. Nel 2022 oltre 1.600 aggressioni ufficialmente registrate, ma il dato è sottostimato. Oggi, 5 dicembre, lo sciopero nazionale
STOP Sciopero di medici e infermieri, nel mirino la manovra Meloni
TRENTO. Carenza di personale, livelli retributivi insufficienti, questione pensioni, finanziamenti in calo, ma anche altre motivazioni per lo scontento del personale sanitario, oggi, 5 dicembre, in sciopero nazionale contro la manofra del governo Meloni. Una manovra che ancora una volta non impegna risorse adeguate per fermare il declino del servizio sanitario pubblico della nazione italiana.
Un altro tema che si impone con forza è l'emergenza sicurezza sul posto di lavoro per medici e infermieri, sempre più spesso vittime di aggressioni da parte di pazienti o parenti di questi ultimi. Intemperanze violente che hanno in genere (ma non solo) come teatro il pronto soccorso.
Da tempo non mancano anche sui social i casi di medici che denunciano pubblicamente, con tanto di foto e video, di aver subito aggressioni violente e lesioni. Pochi mesi fa fece scalpore la denuncia da parte di una giovane dottoressa aggredita in Friuli, che sui social pubblicò foto e video delle lesioni subite durante un'aggressione al pronto soccorso. E annunciò di aver deciso di abbandonare la professione appena intrapresa.
Un paio d'anni fa un episodio clamoroso, con seguito giudiziario, avvenne anche al reparto di emergenza del Santa Chiara di Trento, con l'arresto di tre persone per violenza, resistenza e lesioni aggravate a pubblico ufficiale.
I casi di aggressione e violenza ai danni del personale sanitario in Italia, accertati dall’Inail nel 2022, sono stati più di 1.600, in aumento sia rispetto al 2021 sia rispetto al 2020, quando l’accesso alle strutture ospedaliere e assistenziali è stato fortemente limitato a causa dell’emergenza covid-19. Dati INAIL, periodico curato dalla Consulenza statistico attuariale dell’Istituto, ha dedicato un focus al fenomeno, precisando che si tratta di un dato parziale perché non comprende i medici e gli infermieri liberi professionisti che non sono assicurati dall’Inail, inclusi i medici di famiglia e le guardie mediche. Anche se in ripresa rispetto al biennio precedente, il dato del 2022 resta al di sotto di quanto rilevato nel periodo ante pandemia: nel 2018 e 2019, infatti, i casi di violenza nella sanità sono stati oltre duemila all’anno.
Escludendo gli infortuni da covid-19, che hanno colpito gli operatori sanitari più di qualsiasi altra categoria di lavoratori, circa il 10% degli infortuni occorsi a chi lavora in corsia e riconosciuti positivamente dall’Inail è riconducibile a un’aggressione, mentre nell’intera gestione assicurativa Industria e servizi la stessa quota si ferma al 3%.
In massima parte si tratta di violenze perpetrate da persone esterne all’impresa sanitaria, come i pazienti e i loro parenti, mentre sono molto più contenuti i casi che riguardano liti tra colleghi, pari a circa il 7%, e aggressioni da parte di animali, subite principalmente dai veterinari, che sono circa il 6%.
Nel quinquennio 2018-2022 il 37% dei casi è concentrato nell’Assistenza sanitaria (ospedali, case di cura, studi medici), il 33% nei Servizi di assistenza sociale residenziale (case di riposo, strutture di assistenza infermieristica, centri di accoglienza) e il 30% nell’Assistenza sociale non residenziale.
A essere aggredite sono soprattutto le donne, pari a oltre il 70% degli infortunati, in linea con la composizione per genere degli occupati nel settore rilevata dall’Istat. Tra le professioni più colpite, i tecnici della salute (infermieri, fisioterapisti, ecc.) con un terzo degli aggrediti, seguiti dagli operatori socio-sanitari con circa il 30% e da quelli socio-assistenziali con oltre il 16%, mentre i medici incidono per quasi il 3%.
Negli ultimi cinque anni, il 29% delle aggressioni riconosciute dall’Inailè avvenuto nel Nord-ovest, seguito dal Nord-est con il 28%. Nel Mezzogiorno si concentra un quarto dei casi (13% al Sud e 12% nelle Isole) e il restante 18% nel Centro. Lombardia ed Emilia Romagna sono le regioni più colpite, con oltre 250 casi all’anno ciascuna, mentre Veneto, Sicilia, Piemonte, Toscana, Lazio e Liguria registrano più di 100 casi l’anno. Si tratta prevalentemente di contusioni e distorsioni, in particolare alla testa e agli arti superiori, arrivando a ferite o fratture nel 16% dei casi.
Il rischio di violenze e aggressioni nei confronti degli operatori sanitari rappresenta un tema complesso, che richiede un approccio diversificato avendo differenti cause e impatti di natura organizzativa, sociale ed economica, che vanno al di là della semplice gestione aziendale. È quindi indispensabile che il datore di lavoro svolga un’attenta analisi del rischio e attui le necessarie misure di prevenzione.
A livello delle singole organizzazioni, tra i fattori che influiscono sulla probabilità di accadimento di questi episodi vanno inclusi sia quelli interni sia quelli esterni all’ambito lavorativo, come l’organizzazione ed erogazione dei servizi, i tempi di attesa, il contesto sociale ed economico, la tipologia di utenza, l’ubicazione e le dimensioni della struttura e il lavoro in solitaria.
Alcuni casi di cronaca degli ultimi giorni.
Il 3 dicembre un giovane è entrato nel pronto soccorso perché necessitava di cure e nel momento in cui gli è stato richiesto di attendere ha messo a soqquadro la sala medica, dell'ospedale Compagna di Corigliano, in Calabria, dopo aver aggredito il medico di turno e gli infermieri presenti.
Il personale medico si è trovato di fronte al giovane che, in evidente stato di agitazione, ha distrutto computer, porte e varie suppellettili. Il giovane ha aggredito anche un carabiniere, prima di essere arrestato.
A metà novembre, ad Alghero, ripetute aggressioni fisiche e verbali, ma anche danneggiamenti degli ambulatori: un uomo di 55 anni è stato arrestato dai carabinieri della compagnia di Alghero per atti persecutori nei confronti di due medici di Ittiri, in provincia di Sassari.
Allo stalker è stato notificato un ordine di custodia cautelare in carcere firmato dal gip del tribunale di Sassari su richiesta della Procura. Le indagini sono partite dalle denunce dei due professionisti, un dentista e medico di base. I carabinieri di Ittiri hanno così raccolto una serie di elementi di prova - sopralluoghi, visione dei filmati di videosorveglianza, testimonianze - contro il 55enne che hanno portato al suo arresto.
Le aggressioni verso i medici che seguivano la sua vicenda sanitaria, avvenivano negli orari di lavoro e anche in presenza altri pazienti. I due professionisti, in seguito agli agguati dello stalker, spesso sono stati costretti a interrompere la propria attività. A questi episodi si aggiunge il danneggiamento degli ambulatori - calci e pugni ai portoni di ingresso e lanci di sassi contro le finestre - culminato con il tentativo di appiccare un incendio all'ingresso di uno studio medico.
A Catania, la polizia ha denunciato una 46enne ritenuta responsabile dei reati di interruzione di pubblico servizio e lesioni personali gravi nei confronti del personale sanitario del reparto di Neurologia dell'ospedale Cannizzaro.
Agenti di polizia sono intervenuti all'interno del reparto per la presenza di una donna che, in evidente stato di agitazione psico-motoria, stava aggredendo due infermieri minacciandoli anche di morte. I poliziotti, dopo aver bloccato la donna, hanno acquisito tutte le informazioni utili a ricostruire l'accaduto.
Testimoni hanno raccontato che la 46enne aveva aggredito gli infermieri perché non condivideva il trattamento e le cure prestate alla madre, ricoverata in quel reparto. Al termine delle attività di rito, la donna è stata denunciata per interruzione di pubblico servizio e lesioni a personale esercente una professione sanitaria