Santa Chiara, va in pensione dopo 40 anni in corsia: grande festa per Monica Filagrana
Coordinatrice infermieristica, ha sempre lavorato nel reparto di Chirurgia: «Ho avuto a che fare con 20 chirurghi, 140 infermieri, 80 Oss e migliaia di pazienti. Di alcuni di questi porto un ricordo bellissimo». Nonostante i 40 anni di servizio questa coordinatrice non ha mai perso l'entusiasmo per la professione
SINDACATI «Carenza di personale e turni forzati, si intervenga subito»
FERRO «Medici e infermieri, più assunti che dimessi»
APSS Sempre più medici e infermieri scelgono di andarsene
TRENTO. In questi anni in cui la fuga di infermieri dal pubblico e soprattutto dalle corsie dell'ospedale è uno dei problemi a cui anche la direzione dell'Apss è chiamata a far fronte, la storia professionale di Monica Filagrana rappresenta invece un esempio di dedizione, fedeltà e passione per il lavoro.
Dopo 40 anni di servizio nel reparto di chirurgia, 35 dei quali come coordinatrice infermieristica, giovedì 29 febbraio per questa infermiera è arrivato il momento di salutare tutti e di andare in pensione. Scherzosamente dai colleghi ha ricevuto una goliardica "lettera di dimissioni", con indicato a chiare lettere che "è stata dimessa con il parere contrario dei sanitari".
Sì, perché una coordinatrice e collega come Monica Filagrana sarà difficile da sostituire e l'affetto dei tanti Oss, infermieri e medici che giovedì hanno organizzato per lei una seconda festa a sorpresa è stata la dimostrazione di quanto si è fatta voler bene. «Ho iniziato nel reparto di chirurgia il 3 settembre 1984 e lì sono rimasta per 40 anni.
«Probabilmente, dico sempre, mi sono innamorata dei muri della chirurgia e di tutto quello che conteneva», racconta. Alle proposte di cambiare reparto o servizio ricevute nel tempo ha sempre risposto no, soprattutto quando le offrivano posti dove non aveva a che fare direttamente con i pazienti.
«Sia da infermiera che da coordinatrice io ho sempre detto di avere sempre e solo un unico datore di lavoro. Non me ne voglia la direzione, non me ne vogliano i primari, ma i miei capi sono stati sempre e solo i pazienti».
Il primo primario di Monica Filagrana è stato il professor Ambrogio Helfer, poi a scavalco il professor Bortolotti, per vent'anni Agugiaro e infine Tirone. «Ho lavorato con 20 chirurghi, 140 infermieri, 80 Oss e migliaia di pazienti. Di alcuni di questi porto un ricordo bellissimo». Nonostante i 40 anni di servizio questa coordinatrice non ha mai perso l'entusiasmo per la professione.
«É importante motivare il personale. Rispetto al passato forse oggi c'è meno senso di appartenenza al lavoro, al reparto, all'ospedale, quel sentirsi qualcuno all'interno di una grande organizzazione, ma questo dipende dalle gestioni, non è semplice valorizzare le persone. Devo dire che il ritorno di affetto che avuto l'altro giorno quando ho salutato tutti mi ha in qualche modo sorpreso. Io non credo di aver fatto nulla di eccezionale. Sono una persona schietta, ma nel tempo ho capito che il mio ruolo richiedeva una certa capacità di mediare. Le persone ti danno tanto, ma devono sentirsi apprezzate, sentirsi sicure».
Anni passati in prima linea e anni passati anche tra la sofferenza delle persone, alla quale, dice, non ci si abitua mai. «Per questo è importante essere uniti in reparto, perché la sofferenza va gestita e si può cercare di renderla meno tua. Non mi vergogno a dire che ho pianto dopo aver dato certe informazoni, ma il condividere queste lacrime con altri professionisti aiuta. Credo nella forza del gruppo. Ognuno è diverso va valorizzato per quello che può dare».
Ora per questa super infermiera è il momento del riposo, il tempo delle passeggiate in montagna e di qualche viaggio. «Poi mi piacerebbe mettere la mia esperienza al servizio di qualche associazione di volontariato. Ho anche detto che sarò sempre a disposizione dei colleghi, non da caposala ma da amica».
Nessun rimpianto di tutti gli anni trascorsi in corsia. «Se tornassi indietro rifarei tutto e voglio ringraziare tutti, dai primari agli infermieri agli Oss, ai pazienti, perché è grazie a loro che fino all'ultimo giorno ho potuto lavorare con entusiasmo».