Le guardie mediche? Al sicuro con ambulatori nelle caserme di pompieri o nelle Rsa, l'idea di Ioppi
L’assessore Tonina aveva proposto di ospitarle nei Pronto Soccorso. Il presidente dell’Ordine: «In certe valli non c’è ospedale, meglio allargare l’idea»
TRENTO. L'idea lanciata dall'assessore Mario Tonina di portare i medici di continuità assistenziale (le guardie mediche) all'interno dei Pronto soccorso trova l'ok da parte dell'Ordine dei medici. «Noi abbiamo sempre sollecitato a non lasciarli in luoghi sperduti e potenzialmente rischiosi. E quella dei Pronto soccorso può essere un'idea. Quello che è certo è che l'Azienda sanitaria è responsabile della sicurezza sui posti di lavoro e quindi si dia una mossa e agisca. Non aspettiamo che accada qualcosa di grave o addirittura ci scappi il morto come purtroppo già accaduto in Italia».
Ma il presidente dell'Ordine Marco Ioppi "allarga" anche le possibilità. D'altra parte i Pronto soccorso in provincia sono sette (Trento, Rovereto, Cavalese, Arco, Tione, Cles, Borgo Valsugana), ai quali si possono aggiunge alcuni presidi ospedalieri (ad esempio Mezzolombardo e Pergine Valsugana), mentre le attuali sedi delle guardie mediche sono 20 (e altre 3 stagionali): è matematico, quindi, che non si possano mettere tutti questi medici solo nei pronto soccorso
. «Sul territorio abbiamo strutture polifunzionali, ma anche altre dove c'è personale di guardia notturno. Penso alle Case di riposo, ad esempio. O anche alle caserme dei Vigili del fuoco, che sono sparse su tutto il territorio trentino e che sono presidiate anche di notte, o meglio ancora le caserme dei carabinieri».
Luoghi, insomma, sicuri e nei quali basterebbe ricavare un piccolo spazio - in fin dei conti alle guardie mediche basta una stanza, con scrivania, lettino e armadietto per i medicinali, non servono chissà quali apparecchiature mediche - per garantire la sicurezza ai professionisti e un servizio ai cittadini. «Queste erano proposte - prosegue Ioppi - emerse nel tempo anche a livello nazionale. Nei pronto soccorso i medici possono essere d'aiuto, fermo restando che ci sono ruoli e norme contrattuali da rispettare. Ma il concetto è semplice: non possiamo più permetterci di lasciare medici, per lo più donne, per lo più giovani, da soli durante la notte e durante i giorni festivi, quando c'è sempre meno movimento. So di giovani dottoresse che si facevano accompagnare al lavoro, per prestare un servizio alla comunità, dal padre o dal fidanzato che "vegliava" in auto fuori dall'ambulatorio. Questo non va bene. Poi, va sottolineato, non dobbiamo mollare la presa sull'aspetto culturale: dobbiamo sempre insegnare e ricordare il rispetto per i nostri medici a tutti i cittadini».
L'obiettivo della proposta di Tonina è duplice: sicurezza e ottimizzazione delle risorse. Le guardie mediche, ormai da qualche anno oggetto di campagna di elettorale politica, sono poche. Sempre meno. Al 31 dicembre secondo i dati dell'Azienda sanitaria erano 121. Ma di queste 104 (ovvero l'86%) sono con un contratto a tempo determinato. Ovvero giovani neo laureati, specializzandi, corsisti della medicina generale, che fanno delle esperienze sul territorio per qualche mese o al massimo qualche anno. Concettualmente la guardia medica dovrebbe essere quella figura alla quale rivolgersi se non c'è il proprio medico di base (quindi di notte e nei fine settimana) e se la questione di salute non è così grave da richiedere un accesso al Pronto soccorso. Medici, quindi, che non prendono in carico il paziente, non chiedono approfondimenti specialistici, ma "tamponano" un situazione non emergenziale. «Un aspetto positivo - conferma una delle 121 guardie mediche trentine - è che da qualche mese abbiamo accesso ai referti dei pazienti, che ci permette di avere un quadro più chiaro della situazione».