Codice / Processi

Riforma della giustizia, il secco "no" dei giudici Anm della regione contro la legge Nordio

Per il presidente Spadaro «un segno di discredito e profonda sfiducia nei confronti dell'intera categoria». Che porterà problemi e diseguaglianze nei giudizi e verso gli imputati

di Marica Viganò

TRENTO. “La separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri è «un segno di discredito e profonda sfiducia nei confronti dell'intera categoria». Il rischio è di «una radicale delegittimazione della magistratura agli occhi della pubblica opinione», ma c'è di più: il disegno di legge «oltre a presentare diversi e rilevanti dubbi di costituzionalità, rischia di alterare profondamente il bilanciamento fra poteri dello stato e lascia aperta la strada ad una preoccupante deriva autoritaria».

La giunta distrettuale Trentino Alto Adige dell'Anm, associazione a cui aderisce il 96% circa dei magistrati italiani, interviene sulla riforma che ha incassato il primo sì del Consiglio dei Ministri ed è stata definita dal ministro (ed ex magistrato) Carlo Nordio «un provvedimento epocale».

In un documento firmato a nome del distretto dal presidente della sezione trentina dell'Anm nonché presidente del tribunale per i minorenni Giuseppe Spadaro (foto), viene evidenziato che «l'intervento governativo sul punto non può pertanto rappresentare altro che il preludio ad una cesura radicale fra i due ordini», ossia fra la magistratura giudicante e la magistratura requirente.

Cosa succederà lo spiega la stessa associazione: «Concorsi di accesso separati, con inevitabile aggravio di oneri finanziari ed organizzativi; distinte formazioni iniziali e permanenti, con irreparabile perdita del bagaglio di conoscenze e della unitaria cultura della giurisdizione che hanno reso sinora il pubblico ministero attore primario, non già avversatore, della cultura del contraddittorio e del giusto processo; distinte valutazioni di professionalità; consigli giudiziari verosimilmente separati; consigli superiori distinti».

Una cesura che, secondo la sezione trentina dell'Associazione nazionale magistrati, potrebbe portare la pubblica accusa «sotto l'egemonia del potere esecutivo», in tal modo «inquinando l'imparzialità dell'inquirente nella ricerca della prova, anche a favore dell'imputato», «in un'ottica persecutoria e competitiva del processo penale».

Il documento si chiude con una riflessione. «Ci chiediamo se il legislatore conosca le ragioni costituzionali per cui il pm debba svolgere un compito anche a tutela dell'indagato e, nel settore civile, in favore del minore; se è a conoscenza del fatto che la separazione delle carriere non abbrevierà la durata dei processi penali e civili; se sia a conoscenza dell'attuale stringente regolamento che prevede il mutamento di funzioni. In definitiva, se conosce le ragioni che hanno spinto i nostri Padri Costituenti a realizzare un equilibrato assetto costituzionale che preveda l'indefettibilità dell'autogoverno della magistratura e la stessa rilevanza costituzionale del Csm. Se hanno dimenticato le ragioni per cui la nostra Costituzione richieda che la magistratura sia autonoma e indipendente».

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