Litiga con la ditta per la ristrutturazione, e non paga: finisce in tribunale e viene condannato
L’uomo si rifiutava di versare il saldo di 19 mila euro, e anzi chiedeva 70 mila di danni. Ma alla fine si accolla anche 15 mila euro di spese legali. Nella sentenza il giudice evidenzia che il proprietario di casa non ha chiesto né la riduzione del prezzo, né che i vizi delle opere fossero eliminati a spese dell'appaltatore, ma si è limitato a formulare una generica richiesta di risarcimento dei danni
TRENTO. Non soddisfatto dei lavori di ristrutturazione della propria abitazione, si è rifiutato di pagare alla ditta il saldo finale, pari a 19mila euro. Anzi, ha pure sostenuto che per eliminare i vizi ed i difetti alle opere ci sarebbero voluti ben 70mila euro. Ma ciò non corrisponderebbe alla realtà: l'uomo, committente dei lavori, oltre a dover versare alla ditta l'importo richiesto (più gli interessi legali nel frattempo maturati) è stato condannato dal tribunale di Trento a rimborsare le spese di lite, pari a 15mila euro.
Il conto, dunque, si è rivelato molto più salato del previsto: quasi il doppio del saldo per i lavori. Al centro della causa c'è dunque una ristrutturazione, ossia un intervento complesso di per sé, sia per una serie di incognite strutturali che possono manifestarsi, sia per trovare la giusta combinazione tra le richieste del committente e l'esigenza di lavorare "a regola d'arte".
Il contratto di appalto fra il proprietario dell'immobile e la ditta è stato siglato nel 2017 ed i lavori sono terminati a fine 2019. L'intervento consisteva nella sistemazione di un appartamento e di un locale adibito ad ufficio, a Trento. Al momento del saldo finale, nel maggio 2020 dopo il lockdown, il committente ha contestato numerosi vizi nell'esecuzione delle opere, ad esempio la presenza di avvallamenti nel controsoffitto della zona giorno e sulla parete perimetrale esterna, la porta dell'ingresso fuori piombo, il ristagno di acqua sulla terrazza: per sistemare tutto ci sarebbero voluti, secondo il proprietario, altri interventi per almeno 70mila euro. Dunque niente soldi.
L'impresa edile che si è occupata dei lavori, valutando lo stato dell'immobile, ha respinto l'accusa di aver lavorato male e per ottenere il denaro che le spettava si è rivolta al giudice. Il responsabile della ditta ha negato che vi fossero state contestazioni precedenti, nel corso dei lavori, tanto che il committente aveva iniziato ad abitare casa. La sola richiesta che aveva ricevuto, e che è stata puntualmente eseguita, è stata quella di effettuare alcuni ritocchi a fine cantiere.
Nella sentenza il giudice evidenzia che il proprietario di casa non ha chiesto né la riduzione del prezzo, né che i vizi delle opere fossero eliminati a spese dell'appaltatore, ma si è limitato a formulare una generica richiesta di risarcimento dei danni.
Come emerso dalla documentazione, alcuni dei vizi contestati non sarebbero altro che la conseguenza di una scelta del proprietario, ad esempio la volontà di sostituire l'originale pavimentazione in erba del terrazzo con la posa di piastrelle (ciò avrebbe poi portato ad un ristagno dell'acqua). Inoltre - viene precisato dal giudice - in mancanza di una domanda di risoluzione del contratto sussiste l'obbligo del committente di corrispondere il dovuto. Il proprietario dell'abitazione dovrà dunque versare alla ditta il saldo finale e rimborsale le spese del processo.