Alto Adige / Il caso

L'indagine del Nas nata dai casi di giovani sportivi affetti da tumori correlabili agli anabolizzanti

I carabinieri del Nucleo antisofisticazione e sanità di Trento, incaricati dalla Procura di Bolzano, hanno ricostruito un'intricata rete di spedizioni di sostanze in tutta Italia e quindi hanno eseguito sette ordinanze di custodia cautelare: secondo le accuse, figura chiave un bodybuilder e personal trainer altoatesino, a lungo tenuto sotto controllo dai militari di Bressanone

L'INCHIESTA Traffico di anabolizzanti e atleti malati: sette arresti del Nas di Trento

TRENTO. Una nota per la stampa diffusa questa mattina, 27 giugno, dai carabinieri del Nas di Trento riporta con maggiori dettagli i contorni dell'operazione messa a punto contro il traffico di sostanze anabolizzanti.

I militari, su incarico della Procura della Repubblica di Bolzano, hanno svolto un'attività di controllo che ha condotto all'esecuzione di sette ordinanze di custodia cautelare, tra Roma (due in carcere e uno ai domiciliari), Milano (tre in carcere) e Bolzano (uno in carcere). I provvedimenti cautelari sono stati emessi nei confronti di cittadini italiani, tra cui una donna. Gli anabolizzanti venivano spediti in tutta Italia.

L'inchiesta, spiega il comunicato, è nata nell'ambito delle attività di tutela della salute dei giovani. "L'utilizzo di sostanze anabolizzanti - si legge - crea infatti grave nocumento alla salute e in alcuni casi, può portare all'insorgenza di tumori nonché a svariate gravissime patologie".

L'utilizzo di anabolizzanti, alcuni di questi anche ricompresi tra gli stupefacenti è diffuso tra bodybuilder ma anche sportivi dilettanti o semplici frequentatori di palestre, inconsapevoli dei rischi, precisano i carabinieri.

I reati contestati sono il traffico di anabolizzanti (tra cui alcuni compresi fra gli stupefacenti) e, in concorso, un traffico ingente che riguarda spedizioni effettuate in maniera capillare ed in tutta Italia.

"Per la regione Trentino Alto Adige - prosegue la nota - le indagini e l'esecuzione della ordinanza di custodia cautelare in carcere sono state effettuate unitamente ai carabinieri della compagnia di Bressanone.

Nella esecuzione, i militari del Nas di Trento hanno ricevuto la necessaria preziosa collaborazione dal Nas di Roma e del Nasdi Milano, nonché da personale del Ros di Trento, Padova, Roma e Milano.

L'indagine trae spunto da una segnalazione a seguito di scoperta di rilevazione in alcuni giovani sportivi di tumori che in letteratura scientifica sono specificamente provocati dall'utilizzo di sostanze anabolizzanti.

I carabinieri dei Nas di Trento individuavano il principale indagato, bodybuilder e personal trainer della palestra frequentata da entrambi i giovani e, unitamente ai carabinieri della compagnia di Bressanone, conoscitori del particolare dialetto altoatesino parlato dallo stesso, cominciavano una approfondita attività di indagine.

Le indagini - scrivono i carabinieri - hanno richiesto un'attività approfondita, sistematica e focalizzata in quanto il soggetto attenzionato era estremamente cauto e attento. Tuttavia, lo sforzo investigativo ha permesso di individuare il modus operandi dello stesso appurando che prendeva ordinazioni da clienti e poi ordinava per loro gli anabolizzanti, facendoglieli giungere come fermo posta presso una grossa catena di spedizioni.

Appositamente, il nome del destinatario era falso e così il nome del mittente in modo da non permettere alcun riconoscimento né identificazione anche in caso di controllo. Il venditore bolzanino girava il tracking al cliente che seguiva il pacco in arrivo e si presentava a ritirarlo con la ricevuta sul telefono.

Le indagini - prosegue la nota stampa del Nas - erano rese particolarmente difficili non solo dalla sospettosità dell'indagato ma anche dalla sua attività nel campo degli integratori consentiti. Nonostante ciò, i militari, valutando provenienza, tempistiche di arrivo e peso degli stessi, intercettavano alcuni pacchi in cui rinvenivano varie sostanze anabolizzanti. In un caso, seguendo il cliente, lo facevano fermare da pattuglia e rinvenivano le sostanze nel portabagagli appena caricato.

In un caso, veniva accertato che il soggetto bolzanino si serviva anche di un collaboratore per raccogliere contante dai vari clienti.

Si accertava quindi che la principale fonte di approvvigionamento per la regione Trentino Alto Adige, proveniva da Roma. Per individuare chi spediva da Roma, i militari del Nas si recavano a Roma, presso un ufficio di spedizioni e lì, coadiuvati dal Nas romano, ponevano in essere una serie di servizi di osservazione e pedinamento al termine del quale individuavano una coppia, uomo e donna, che ogni giorno si recava all'ufficio spedizioni e inviava pacchi in tutta Italia (tra cui anche Bolzano) con nomi falsi.

Per fare ciò si avvalevano della complicità del titolare del negozio di spedizioni che ben sapeva cosa stava spedendo e l'attività dei due, da cui anch'egli traeva beneficio economico.

Le indagini proseguivano ma, poiché alcuni pacchi, diretti a Bolzano non erano pervenuti a destinazione, in quanto sequestrati dai Nas, si è scoperto che le spedizioni verso Bolzano iniziavano a provenire da Milano, il cui epicentro diviene la nuova fonte di approvvigionamento per il predetto soggetto bolzanino.

Nel contempo le spedizioni da Roma si sono spostate su altro canale con il coinvolgimento di un altro soggetto, poi identificato e denunciato in concorso.

Entrava quindi in scena una nuova figura di rilievo, una sorta di coordinatore della attività che dopo alcuni pacchi 'persi' tra Roma e Bolzano, decideva di provvedere personalmente.

I militari dopo approfonditi studi sui flussi di pacchi, approntavano una serie di servizi di osservazione con i quali riuscivano ad individuare suddetto coordinatore principale e suoi due collaboratori che ogni giorno spedivano pacchi in tutta Italia sotto falso nome.

Ottenute quindi concrete e concordanti evidenze di colpevolezza, l'Autorità giudiziaria ha disposto sei ordinanze di custodia cautelare in carcere e una ai domiciliari. Durante l'esecuzione delle ordinanze di custodia cautelare sono state anche eseguite contestualmente 20 perquisizioni presso l'abitazione degli arrestati, le palestre bolzanine dell'arrestato altoatesino, abitazioni di amici e fidanzate degli arrestati che i carabinieri avevano ragione di credere fossero locali utilizzati per occultare il provento dell'attività criminosa, anabolizzanti e carte di credito intestate ad altri sui cui ricevere pagamenti.

I pacchi inviati da ciascun 'centro spedizioni' si aggiravano sui 250 al mese e viene stimato dai carabinieri un introito mensile tra i 55.000 e i 65.000 euro".

Le indagini sono concluse a livello operativo, spiegano ancora i carabinieri, ma sono in corso accertamenti documentali e di analisi dati, che andranno a completare il quadro accusatorio qui esposto.

ALTRE INCHIESTE

Proprio ieri le cronache italiane riportavano, a proposito di anabolizzanti e rischi per la salute, il caso drammatico di Antonio Gerace, kickboxer di 52 anni, morto lo scorso mese, dopo che aveva accusato un malore mentre si allenava.

La tragedia ha fatto partire un'indagine della Procura di Pavia che ha portato a due denunce per un sospetto giro di sostanze proibite tra i praticanti degli sport da combattimento.

Il 21 maggio scorso Gerace si stava allenando in una palestra a Vigevano (Pavia) quando ha iniziato a sentirsi male per poi perdere i sensi e il tempestivo ricovero all'ospedale Humanitas di Rozzano (Milano) non riuscì a salvargli la vita.

In seguito alla sua morte, è stata subito aperta un'inchiesta che ha portato alla denuncia di due persone: un 34enne di Abbiategrasso (Milano) domiciliato a Vigevano e un 35enne di Massa Carrara.

Sono entrambi accusati di aver venduto anabolizzanti e farmaci ad azione stupefacente ad alcuni sportivi che frequentavano le palestre di Vigevano e di altri luoghi.

Ieri mattina i carabinieri hanno effettuato, insieme ai loro colleghi di Massa Carrara e del Nas di Cremona, una serie di perquisizioni nelle province di Pavia, Milano e Massa Carrara. I controlli hanno portato al sequestro di circa 3.600 compresse, 84 fiale di possibili sostanze dopanti, 4 fiale di farmaci ad effetto stupefacente e 780 euro in contanti.

"Nel corso delle indagini - sottolinea un nota della Procura -, è emerso che gli indagati reperivano e detenevano diversi quantitativi di anabolizzanti/dopanti, in parte prossimi alla scadenza, da smerciare illegalmente tra gli avventori di palestre".

"Sono in corso accertamenti volti a verificare le cause del decesso del 52enne - conclude il comunicato - e l'eventuale correlazione della morte con l'assunzione di sostanze vietate".

Nelle scorse settimane la notizie della morte di Antonio Gerace aveva destato enorme impressione tra gli appassionati di kickboxing dato che il 52enne vigevanese era un atleta molto conosciuto e per molti era il "gigante buono", come è stato scritto nelle centinaia di messaggi postati sui social.

Il malore fatale si è manifestato durante un allenamento: dopo aver svolto alcuni esercizi, Gerace si è seduto a bordo ring, spiegando di non sentirsi molto bene. Dopo pochi secondi si è accasciato a terra, perdendo i sensi. Prima ancora dell'arrivo del 118, i suoi compagni d'allenamento hanno provato a rianimarlo con il defibrillatore presente nel centro sportivo e il kickboxer è stato poi trasportato in ambulanza all'Humanitas dove è morto poco dopo il suo arrivo. E ora la Procura di Pavia vuole fare luce sulla sua morte per capire se sia stata provocata dall'assunzione di sostanze proibite.

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