«Attesa di 22 ore al pronto soccorso di Trento per un malato cronico e invalido»
Maddalena Primo Carrozzini: «Ritengo ci debba essere il diritto ad una sanità che sia anche in grado di non mancare mai di rispetto alla dignità della persona». L’uomo, accolto inun codice bianco al Santa Chiara, era stato appena dimesso da una struttura privata convenzionata. «Ma una volta a casa ci siamo resi conto che respirava a fatica e non stava bene»
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TRENTO. Ventidue ore in Pronto soccorso in attesa di essere visitato. 22 ore su un lettino di quelli usati in reparto per i pazienti che devono rimanere sdraiati. Una situazione difficile per chiunque, ancora di più per un invalido con una malattia cronica, che vive attaccato all'ossigeno 24 ore su 24 e con seri problemi alla schiena. A segnalare quanto accaduto nei giorni scorsi al Pronto soccorso di Trento è la psicologa Maddalena Primo Carrozzini.
«Parlo in una duplice veste: come familiare e come psicologa. Si parla tanto di "centralità del paziente", di "umanizzazione delle cure", di "attenzione ai bisogni della persona vista nella sua globalità". Faccio questa segnalazione perché ritengo che tra i diritti più importanti di ogni persona, di ogni cittadino, ci sia il diritto ad una sanità che sia in grado di elargire cure adeguate, ma che sia anche in grado di non mancare mai di rispetto alla dignità della persona ammalata. Mi chiedo se le logiche seguite dalla nostra attuale sanità siano in grado di rispettare e soddisfare tali umane necessità», dice.
«Mio fratello - racconta soffre di broncopneumopatia cronica ostruttiva oltre ad avere altre patologie - . Da un anno è invalido e si muove con il deambulatore. Era stato ricoverato per una decina di giorni in una struttura privata convenzionata di Rovereto dove era stato inviato dallo stesso pronto soccorso.
Quando lo hanno dimesso ci hanno detto che secondo loro le sue condizioni gli permettevano di tornare a casa. Lo hanno portato con l'ambulanza ma giunto nella sua abitazione ci siamo resi conto che non stava bene. Faceva fatica a respirava, c'erano vari problemi. Allora abbiamo allertato nuovamente il 112 che ha inviato un'ambulanza per portato al pronto soccorso. Erano le 10 del mattino. E qui è iniziato il calvario».
Stando al racconto della donna, che non ne fa una questione personale ma che denuncia il fatto per dare voce anche ad altri anziani o persone fragili ai quali è accaduto o potrebbe accadere la stessa cosa, al fratello è stato assegnato un codice bianco. «Non ho le competenze mediche per dire se quel codice assegnato fose giusto o meno. Come non posso dire se mio fratello sia stato giustamente dimesso dalla struttura privata accreditata.
Dopo alcune ore che era seduto in sala d'aspetto del Pronto soccorso non ce la faceva più, così lo hanno fatto sdraiare in uno dei lettini che si trovano in reparto. Sempre sullo stesso letto è stato spostato in un ambulatorio dove è rimasto fino al mattino dopo. Quando sono arrivata, verso le 8, la dottoressa mi ha detto che lo aveva appena visitato e che lo avrebbe trasferito nelle stanze dell'Osservazione breve. Da qui, poi, è stato trasferito in Pneumologia dove lo stanno curando. Io non voglio accusare nessuno. Durante il giorno e la notte c'erano gli infermieri e anche gli oss che lo hanno accompagnato in bagno».
Ma 22 ore per un invalido sono tante, troppe.
«Non è un problema del singolo, dei professionisti che lavorano in Pronto soccorso, ma del sistema. Mio fratello non era in pericolo di vita, ma aveva bisogno di essere preso in carico. Io non so se durante il giorno e la notte che ha passato sulla barella gli abbiano fatto degli esami. Ma so che la dottoressa lo ha visto dopo 22 ore».
Sulla vicenda l'Azienda sanitaria sta effettuando le opportune verifiche per capire da una parte le condizioni in cui l'uomo è stato dimesso dall'altra struttura e dall'altra il monitoraggio avvenuto durante le 22 ore. Rimane il fatto che queste sono settimane di grande pressione per il reparto. Anche ieri pomeriggio, ad esempio, c'erano 40 pazienti, di cui 9 codici arancioni e rossi. P. T.