Montagna / L’intervista

Il professore universitario: “La politica non capisce lo sci del futuro”

Giorgio Daidola, esperto sciatore e alpinista che vive in valle dei Mocheni: “La Panarotta chiude perché non si ha la capacità di cambiare modello. Si guardi cosa fanno in Norvegia, Svezia e Austria”

COPPOLA "Milioni di euro pubblici per gli impianti,  basta"
CLIMA Tra vent'anni un mese in meno con neve a duemila metri

di Luisa Maria Patruno

TRENTO. È sorpreso ma non troppo, Giorgio Daidola, docente di Analisi economico finanziaria per le imprese turistiche dell'Università di Trento, e soprattutto esperto sciatore e alpinista che vive in valle dei Mocheni, nell'apprendere che le tre manifestazioni di interesse, che avevano fatto ben sperare, non si sono trasformate in offerte per la gestione degli impianti della stazione sciistica della Panarotta.
E ora professore, che ne sarà della Panarotta?
Anni fa io avevo elaborato un business plan per la Panarotta, che prevedeva di continuare con gli impianti, ma con tutta un'altra logica e strategia rispetto a quella seguita. Per me la Panarotta ha delle caratteristiche geografiche che ne fanno una meta notevole per fare un fuoripista sicuro, con discese nei boschi facili per tutti. Non stiamo parlando di freeride o cose del genere, ma itinerari circolari, tenendo anche un solo impianto, fatto funzionare in modo flessibile, con una logica che è quella seguita in altri Paesi, penso alla Norvegia, la Svezia o anche l'Austria, per piccole località a bassa quota come la Panarotta. L'impianto funziona solo se c'è neve, questo non richiede uno stuolo di dipendenti per battere continuamente le piste fatte con la neve artificiale. In questa ottica la Panarotta secondo me può funzionare.
Invece si è puntato ancora sul modello classico dello sci da discesa con neve artificiale per il quale queste piccole località non riescono più ad essere competitive e anche gli imprenditori si tirano indietro. È così?
Per me la pista può rimanere, ma non ci deve essere solo quella. Se c'è neve ci sta. Ma va demonizzata la neve artificiale. Un qualsiasi imprenditore fa un'offerta badando a costi e ricavi, ma se si prevede di continuare sul modello attuale, nessuno può essere interessato a proseguire la gestione vergognosa e inefficiente degli ultimi anni, con gli impianti lasciati in rovina. Se gestita in modo competente, invece, può dare risultati, senza dover essere finanziata in continuazione dall'ente pubblico che arriva a coprire i buchi. Era evidente che non poteva funzionare. E serve cambiare mentalità.
Servono imprenditori pronti a investire in un modello diverso?
Il problema è che vanno incontro a notevoli problemi, perché quando si tratta di presentare un modello del genere a livello politico non c'è la preparazione per capire che quello è lo sci del futuro e si va nella direzione che non è quella che aveva preso Panarotta di scimmiottare le grandi stazioni, perché chi vuole sciare in pista va a Pampeago o in tante altre belle località. È un modello perdente.
Quindi c'è una responsabilità politica di Provincia e amministratori locali?
Sì, in Panarotta si chiude tutto perché non si ha la capacità di capire cosa fanno all'estero nelle piccole stazioni. È avvilente vedere la mancanza di conoscenza e di capacità di interpretare la storia dello sci. C'è una superficialità che è paurosa, sia a livello provinciale che a livello di amministratori locali.

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