Encefalite da zecca: perde la vita un uomo di 57 anni
Riccardo Scalmazzi viveva a Bondone, ma si trovava in ospedale da due mesi per le conseguenze della malattia trasmessa dall'animale: in Trentino è la terza vittima negli ultimi tre anni
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TRENTO - In un villaggio la morte (come la nascita) viene vissuta come un evento che interessa tutta la comunità. Perché ci si conosce tutti, si conoscono (o si crede di conoscere) i pregi e i difetti di ciascuno, le malefatte e le benemerenze delle famiglie nei secoli dei secoli. E ci si addolora, o si gioisce insieme, a seconda delle circostanze.
Così è successo ieri a Bondone, meno di 250 anime, inserito nei Borghi più belli d'Italia, sulla montagna della lontana periferia con una storia legata ai carbonai, quando si è diffusa (e a diffondersi fa in fretta, senza telefonini e WhatsApp, basta chiamarsi dalla strada alla finestra), quando si è diffusa, dicevamo, la notizia della morte di Riccardo Scalmazzi.
Aveva 57 anni, e la sua non è stata una vita facile, anche se Riccardo l'ha sempre presa con il carattere gagliardo del compagnone. E nemmeno la morte (giusto per tener fede ad un'esistenza che ha avuto i suoi travagli) è stata facile.
Stando ai racconti di coloro che gli sono stati vicini, Riccardo ha cominciato ad avvertire i primi malesseri un paio di mesi fa, ma non si capiva cosa fosse. È stato accompagnato all'ospedale di Tione, dov'è rimasto in osservazione senza che i sanitari riuscissero a capire l'origine dei malesseri, che nel frattempo tendevano più ad aumentare che a smorzarsi. È così che ad un certo punto si è deciso di trasferirlo all'ospedale di Rovereto per sottoporlo ad esami più approfonditi.
Alla fine si è giunti alla conclusione: è stato punto da una zecca infetta. Che naturalmente nel frattempo non si trova più dentro il suo corpo, ma il segno indelebile e letale della sua presenza lo ha lasciato. Riccardo Scalmazzi ha abbandonato gli affetti nella notte di martedì.
Che la situazione stesse volgendo al peggio i cari lo hanno capito già una quindicina di giorni fa, quando all'ospedale Santa Maria del Carmine di Rovereto hanno ritenuto di dovergli inserire l'apparecchiatura per l'alimentazione con la cannuccia. Ieri erano in molti a ricordare Riccardo, anche se la voglia di commentare in simili circostanze tiene chiusa la bocca. Abbiamo detto di un'esistenza non facile. Riccardo ha frequentato la scuola pubblica senza problemi, con le soddisfazioni e con i crucci come tutti i suoi coetanei. Senonché, intorno ai quindici anni, ha dovuto affrontare il tornante drammatico della vita. Sappiamo che può apparire fuori di ogni logica, ma è successo. Un brutto mattino si è svegliato completamente sordo. Facile comprendere l'ansia della famiglia e la sofferenza sua. Visite in ospedali, diagnosi. Senza contare i problemi relazionali di un ragazzino che all'improvviso si vede rovesciare le prospettive di vita. Alla fine si disse che alla base c'era una questione neurologica.
Gli amici ricordano che la reazione fu tosta. Diciamo che (per raccontarla con termini moderni) Riccardo mostrò una bella resilienza. In un primo tempo fu inserito nella Cooperativa sociale della valle, ma non potevano essere i disabili gravi il suo mondo. Così decise di lavorare con imprese edili, prima di essere indirizzato verso i lavori socialmente utili. Non mancò mai alle attività del paese, in particolare in seno agli alpini. Da qualche tempo conviveva con Endri, la compagna che lo piange.