Assolto per il furto di mezzo milione di euro: accusato per vendetta dalla ex moglie
Finisce dopo sette anni l'incubo di un sessantenne trentino messo nei guai dalla donna da cui si stava separando, già condannata per aver sottratto l'enorme somma di denaro nascosta in un garage nel capoluogo. Dopo il patteggiamento lei aveva dichiarato che l'uomo era stato suo complice
TRENTO. Assolto con formula piena «per non aver commesso il fatto». L'imputato, dopo 7 anni, ha potuto finalmente tirare un sospiro di sollievo. Era il 2017 quando venne accusato di aver preso parte al clamoroso furto di ben mezzo milione di euro in contanti. Soldi che erano stati nascosti all'interno di un involucro posizionato nel sottosella di uno scooter, in un garage di Trento.
Per quel colpo, che risale al febbraio 2016, era finita a processo una donna, zia della compagna del proprietario di quel denaro.
L'imputata, dopo aver chiuso la vicenda con un patteggiamento e riconsegnato un decimo circa dell'importo (54mila euro), aveva messo in mezzo il marito, un sessantenne trentino, raccontando che c'era pure lui al momento del furto, anzi che sarebbe stato proprio l'uomo a forzare la sella dello scooter. Si era dunque aperto un processo per furto in concorso a carico del sessantenne, con condanna in primo grado a un anno e quattro mesi.
L'uomo, assistito dall'avvocato Stefano Frizzi, fin dall'inizio si era dichiarato estraneo ad ogni accusa, spiegando di essere vittima di una vendetta: la donna lo aveva denunciato per il furto proprio nel giorno in cui lui le aveva inviato la lettera con richiesta di separazione. Insomma, una vicenda delicata sotto ogni punto di vista: da una parte le dichiarazioni della donna, che aveva già avuto altri problemi con la giustizia prima dell'inchiesta per il furto da mezzo milione, dall'altra la difesa di un uomo, incensurato, che - carte in mano - ha spiegato che quell'infamante accusa altro non era che una bieca ritorsione.
Se in primo grado il giudice aveva ritenuto l'imputato responsabile del furto in concorso con la ex moglie (nel frattempo c'è stata la separazione), la Corte d'appello ha ribaltato la sentenza di primo grado. L'assoluzione, tra l'altro, era stata chiesta non solo dall'avvocato dell'uomo, ma anche dalla procura generale a fronte delle evidenze emerse.
Dunque il sessantenne trentino non c'entrerebbe nulla con l'incredibile colpo del 2016, quando scomparvero 510mila euro in contanti in un garage. Soldi di proprietà di un imprenditore della val Rendena, che nel procedimento si è costituito parte civile.
Il colpo era stato messo a segno in un locale di pertinenza di un appartamento che la vittima aveva preso in affitto nel capoluogo e che veniva utilizzato dalla sua compagna (nipote della donna che ha patteggiato).
Come ricostruito dagli investigatori, il denaro in precedenza era stato custodito in una cassaforte in Rendena per poi essere «trasferito» in città dalla stessa compagna e nascosto sotto la sella dello scooter.
Chi ha agito era evidentemente a conoscenza di dove si trovassero i soldi. La donna finita a processo e che poi ha accusato l'ex marito rischia di tornare in tribunale per rispondere del reato di calunnia, ma pare abbia fatto perdere le proprie tracce: potrebbe essere tornata nella sua terra, il Brasile.