L'arcivescovo Lauro Tisi: "In questo momento buio dell'umanità, vi invito alla speranza"
Dal prelato un appello ai fedeli trentini "sulle porte del Giubileo" con il riferimento al "volto bellissimo dell'umanità di Gesù". In un mondo apparentemente in decadimento, complice anche la narrazione mediatica prevalente, il Giubileo ci propone di essere “Pellegrini di speranza”
TRENTO - "In questo momento buio e difficile dell'umanità, sulle porte del Giubileo, vi invito alla speranza, che ha il volto bellissimo dell'umanità di Gesù". È il messaggio diffuso dall'arcivescovo di Trento Lauro Tisi per la solennità del Natale.
"Umanità - precisa poi monsignor Tisi - che io incontro nelle donne e negli uomini che dentro le nostre comunità vivono per gli altri, vivono servendo, si fanno prossimo. Guardatevi attorno: queste donne e questi uomini sono presenti. Oso di più: anche ognuno di voi è uno di questi uomini e di queste donne che prova a immaginare la vita con gli altri e per gli altri.
Di nuovo, a tutti, buon Natale!".
IL MESSAGGIO
Il Natale, gioia incontenibile per il Dio bambino, quest’anno irradia una luce particolare. Essa si diffonde, infatti, attraverso la soglia del Giubileo che anche nella nostra Chiesa, così come in ogni Diocesi del mondo, sarà inaugurato domenica 29 dicembre, sulla scia dell’apertura delle Porte Sante a Roma da parte di papa Francesco, nella basilica di San Pietro e nel carcere di Rebibbia.
Il Giubileo pone al centro la riscoperta della virtù della speranza. Con lo sguardo alla fonte più autentica della Speranza: Gesù Cristo, Figlio di Dio.
Lo fa mentre la guerra sembra minare alla radice il futuro di molti popoli, in ogni angolo del pianeta. È difficile anche solo immaginare di poter “sperare” sotto il cielo di Gaza o di Kiev, di Aleppo o di Damasco, della Corea e del Sudan… I conflitti sono ovunque, con uno spaventoso e scandaloso investimento in armi.
C’è un’altra lotta, meno palese. Abita nella stanchezza delle nostre relazioni familiari o professionali. Là dove i rapporti si fanno competitivi, viene meno la fiducia reciproca, l’altro non è mai alleato ma avversario, di cui diffidare o prevenire le mosse.
Mentre le bombe demoliscono e uccidono a distanza ravvicinata, ognuno di noi fatica ad alimentare rapporti costruttivi.
C’è di più: nel contesto sociale cresce la percezione di essere quasi burattini di un sistema politico-economico che talvolta non si adopera per il bene comune ma tende a perseguire l’interesse personale o di parte.
Pellegrini
In un mondo apparentemente in decadimento, complice anche la narrazione mediatica prevalente, il Giubileo ci propone di essere “Pellegrini di speranza”.
Chi o che cosa ci consente di parlare di speranza?
Pellegrini di speranza sono coloro che non s’arrendono al catastrofismo dominante, rifiutano i luoghi comuni, cercano strade alternative, non temono la fatica dei passi erti.
Pellegrini di speranza sono le donne e gli uomini provati dalle polverose strade della vita, che accettano di bere dalla borraccia passata dai loro compagni di viaggio, rifiutando l’idea di pensarsi soli al traguardo.
Pellegrini di speranza sono coloro che ad ogni alba si alzano per compiere il proprio dovere in una logica di servizio e di gratuità, avvalorando il ruolo sociale di ciascuno.
Pellegrini di speranza sono i giovani che davanti a un orizzonte sempre più carico di incertezze e di illusioni, non ammainano la bandiera dell’entusiasmo e della creatività, ma gonfiano i loro polmoni e soffiano con forza sulle loro vele orientate al futuro. Dico grazie a voi ragazze, ragazzi, a voi giovani per la vostra tenacia e il vostro coraggio nell’andare oltre le troppe promesse mancate, per le quali vi chiedo sinceramente perdono a nome di tanti adulti.
Pellegrini di speranza sono gli anziani che non si preoccupano di aggiungere giorni alla vita, ma pensano piuttosto ad aggiungere vita ai giorni.
Pellegrini di speranza sono i malati quando, pur giustificati nella loro possibile frustrazione, mostrano un’incredibile serenità di fronte a chi li assiste con affetto e se ne prende cura: quante storie straordinarie di vita – spesso di malati terminali – ho avuto la fortuna di avvicinare durante i primi mesi di Visita pastorale alla Diocesi!
Pellegrini di speranza sono coloro che pongono tutta la loro fiducia nell’unica speranza che non delude: Gesù Cristo, il falegname di Nazaret, l’uomo vissuto per trent’anni nel silenzio e nel nascondimento, prima di compiere la sua salita al monte del dono totale di sé, nell’abbraccio della croce.
Pellegrini di speranza sono coloro che non s’attardano in logiche ecclesiali paludate e stantie, ma si preoccupano di consegnare al mondo la forma umana della vita di Gesù come unico antidoto alla violenza, al vivere per sé, al narcisismo.
Vivere il Giubileo da pellegrini della speranza significa, in fin dei conti, accorgersi di un mondo resiliente e pacifico, destinato a rimanere fuori dai riflettori ma capace ancora di illuminare le strade delle nostre città e dei nostri paesi.
Riposi la terra
Da sempre il Giubileo è il tempo della liberazione degli schiavi, della remissione dei debiti, ma anche della redistribuzione delle ricchezze, per cui chi aveva perduto la propria terra ne tornava in possesso e la terra stessa veniva lasciata riposare come segno di rispetto.
Il riposo della terra, come forma di riguardo nei suoi confronti, è un’immagine altamente evocativa. La terra – noi trentini lo sappiamo bene –, conserva in sé il segreto di ogni stagione. Evoca il lento crescere dei germogli e il tempo dilatato della maturazione dei frutti. Chiede, ce lo ricorda papa Francesco, il dono della pazienza, atteggiamento di cui abbiamo perso il gusto autentico.
Torniamo a far riposare la terra!
Riposa la terra quando si diradano le nostre agende, disposte a cedere tempo alle relazioni autentiche, all’incontro, al dialogo.
Riposa la terra quando poniamo l’onestà, la rettitudine, l’interesse per il bene comune prima dello schieramento politico e di ogni scelta amministrativa.
Riposa la terra quando la finanza spregiudicata non soffoca l’economia reale, fatta di volti e sudore, e quando smette di guardare alle persone come oggetti da monetizzare.
Riposa la terra quando i nostri comportamenti sono orientati alla tutela dell’ambiente, nella logica di un’ecologia integrale a vantaggio di tutti gli uomini e le donne, di oggi e di domani.
Riposa la terra quando ci apriamo all’accoglienza di chi dalla propria terra è dovuto fuggire, perché fiaccata dai conflitti, dagli squilibri economici e dai mutamenti climatici.
Riposa la terra quando abbiamo il coraggio di disconnetterci dalla vita riflessa del mondo digitale per tornare ad assaporare la concretezza di una stretta di mano e di uno sguardo negli occhi.
Noi, pellegrini di speranza, siamo chiamati a lasciar riposare la terra.
È l’unica strada che ci è donata, per raggiungere la felicità, traguardo di tutti.
Ed è anche l’augurio che mi sento di rivolgere alla Diocesi e alla comunità trentina per il Giubileo che stiamo per iniziare, insieme alla Chiesa universale.
Il Dio della speranza accompagni il nostro cammino.