Scuola / Il caso

Cgil: liceo del made in Italy, flop annunciato di un progetto dalla confusa impronta patriottica

I rappresentanti della Flc nel Consiglio del sistema educativo provinciale invitano ad accantonare il «maldestro tentativo di politicizzazione a uso e consumo di una retorica identitaria che ha allontanato una porzione preminente di possibili interessati e ha suscitato diffidenza fra i giovani e le famiglie»

TRENTINO Il flop del liceo del made in Italy: i numeri
IL PROGETTO La via trentina per il nuovo liceo

TRENTO - Anche Flc Cgil del Consiglio del sistema educativo provinciale reagisce dopo il flop di iscrizioni del liceo del made in Italy, una opzione formativa introdotta dal governo Meloni, nel segno dell'orgoglio nazionale, ma accolta con scarso interesse dai giovani.

E se il sindacato, ricordando di aver espresso fin dall'inizio le proprie perplessità e il no a questo progetto, invita a azioni piuttosto per un un rinnovamento profondo della scuola, la vicepresidente provinciale e assessora provinciale all’istruzione, Francesca Gerosa, a fronte del flop sentenziato dai numeri degli iscritti (16 in Trentino), non ipotizza un ripensamento, al contrario: «Il percorso è stato lungo e articolato. C'è stato molto interesse delle famiglie, l'idea non va accantonata».

Ma veniamo a quanto osservano i membri Flc Cgil del Consiglio del sistema educativo provinciale.

«L'annuncio della mancata attivazione del liceo del made in Italy anche in provincia di Trento - scrivono in una nota per la stampa Carla Consolati, Giuditta Gottardi, Carmine Lopardo, Gloria Potrich, Massimiliano Prezzi - è una notizia che deve far riflettere. Di là dalle motivazioni di natura pratica che hanno portato a questa decisione è evidente che il progetto, così come concepito e promosso, non ha ispirato fiducia alle famiglie e agli studenti.

Difficile non rilevare come la confusa e disordinata impronta "patriottica" impressa dal governo abbia pesato come un macigno sull'intero progetto. Il maldestro tentativo di politicizzazione della scuola a uso e consumo di una retorica identitaria a buon mercato ha allontanato una porzione preminente di possibili interessati e suscitato diffidenza verso un'offerta formativa percepita come distante, sbilanciata su interessi di parte, se non addirittura di partito, poco o niente attenta alle reali esigenze degli studenti.

Nonostante l’impegno profuso da molti colleghi docenti nel migliorare e adattare l’idea al nostro contesto territoriale, il liceo del made in Italy non è riuscito a superare nemmeno in Trentino i limiti intrinseci di un modello che, a livello nazionale, si è rivelato incapace di farsi interprete dello sguardo dei giovani e instillare fiducia nelle famiglie.

La mancanza di una visione strategica, l'eccessiva enfasi celebrativa, l’incoerenza – a cominciare dal nome in inglese – tra la teoria e la pratica, tra le materie valorizzate e le finalità non chiare del progetto, hanno reso il percorso di studi poco convincente e poco affidabile agli occhi di chi cerca strade di crescita professionale e personale.

Il Consiglio del sistema educativo provinciale, CSEP, organo previsto dalla legge 5 della scuola trentina col compito di fornire pareri in merito a questioni didattiche, educative e pedagogiche si era peraltro espresso in maniera contraria alla proposta di istituzione di questo percorso scolastico.

L'auspicio ora è che si riconosca che la proposta non è stata apprezzata, se ne traggano le logiche conclusioni, si abbandoni la logica degli annunci, si incanalino energie e risorse in un’altra direzione. La scuola freme per un rinnovamento, un’evoluzione, un progetto organico per trovare risposte alle domande che il futuro ci pone.

Un progetto ambizioso e corale - chiedono i sindacalisti Cgil - che coinvolga le migliori menti e le più profonde sensibilità della nostra società per restituirle il ruolo formativo che le è proprio, vale a dire leggere, capire ed elevare il talento dei giovani, fornire gli strumenti per lo sviluppo del pensiero critico e dell’empatia verso gli altri, trasmettere l’importanza dell’onesta intellettuale e della giustizia sociale in un contesto di sana competizione.

Per farlo serve tempo, tanto tempo da dedicare; risorse, moltissime risorse e soprattutto... servono idee, tante buone idee».

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