Intervista / Personaggi

Franz Nicolini, ultimo volo sull'elicottero: «Ma darò sempre una mano»

Alpinista, guida alpina e rifugista del “Pedrotti”, ha concluso ieri il suo ultimo turno al nucleo elicotteri dei vigili del fuoco, ponendo fine a trent’anni di servizio come tecnico di elisoccorso del Soccorso alpino. «Gli interventi sono stati tanti e non sempre è andata bene. Ma quando si riesce a recuperare qualcuno e riportarlo a valle sano e salvo, è una grande soddisfazione»

di Leonardo Pontalti

TRENTO - Non smetterà certo di soccorrere chiunque ne abbia bisogno, nel suo Brenta. Ma per Franco "Franz" Nicolini, quella di ieri è stata comunque una giornata da ricordare, con una parentesi che si chiude.

Dopo oltre trent'anni, ha effettuato il suo ultimo turno al nucleo elicotteri dei vigili del fuoco permanenti di via Lidorno come tecnico di elisoccorso del Soccorso alpino: l'alpinista, rifugista e guida alpina è stata festeggiata da colleghi e compagni di viaggio, a partire da quelli con cui ha trascorso le ultime ore a bordo: il pilota Matteo Pirazzi, il tecnico di volo Marco Ziller, il medico Vittorio Albarello e l'infermiera Michela Ravanelli, l'unità cinofila condotta dal suo presidente, nel Soccorso alpino, Walter Cainelli (tutti nella foto con lui, a destra).

Franco, per lei è un pezzo di vita che si conclude.

«Un bel pezzo, iniziato nel 1994 quando iniziammo a strutturare la presenza degli operatori del Soccorso alpino a bordo degli elicotteri. Prima si imbarcava chi serviva. Si era efficaci comunque, ma serviva dare organizzazione a questo modello.

Fu una sorta di pioniere.

«Fummo pionieri, in tanti, eventualmente: c'erano Oskar (Piazza, ndr), c'era Mauro Mabboni, c'erano tanti altri, rischierei senz'altro di dimenticare qualcuno.

A bordo, proseguì da allora, con nuove forme, un impegno che durava da ben prima.

«Sono nel Soccorso alpino dal 1976 quindi sì, c'era già un po' di esperienza (sorride, ndr)».

E ora si concentrerà su ascensioni e sul "suo" rifugio Pedrotti?

«Di certo non si fermerà l'impegno come soccorritore, scendo solo dagli elicotteri. Credo sia un qualcosa che è insito in chi vive in montagna e di montagna, ben descritto dal motto di Scipio Stenico, colui che lo creò, negli anni Cinquanta, il Soccorso alpino, in seno alla Sat: "Darsi sempre una mano, come si può". Ecco, io il mio impegno l'ho sempre interpretato così e così come è sempre stato, continuerà a essere: se arriverà qualche richiesta d'aiuto, farò come si è sempre fatto, si prende e si va».

Ha qualche ricordo di questi trent'anni da tecnico di elisoccorso che serba più di altri nel cuore?

«Gli interventi sono stati così tanti che sarebbe impensabile anche solo poter abbozzare una cifra. È sempre stato bello poter soccorrere e recuperare qualcuno e riportarli a valle sani e salvi, quello sì, anche se non sempre è andata così».

Da soccorritore, fu lei a recuperare il suo grande amico, il compianto Ermanno Salvaterra nell'agosto di due anni fa.

«E quel giorno non ero in servizio al nucleo, ero al rifugio. Fu un giorno molto difficile. Ma, ecco, ora sarà sempre così: se ci sarà bisogno, sarò pronto a dare una mano, lì al rifugio».

In attesa della riapertura.

«Siamo un po' in ritardo sulla tabella di marcia, ma per l'estate 2026 dovrebbe essere tutto pronto. Ora stiamo valutando se riaprire come lo scorso anno con un presidio minimo».

Franz Nicolini ci conta. Perché sa che il rifugio è prima di tutto proprio un presidio, un supporto, un approdo sicuro.

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