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Sveva, un miracolo di appena un chilo: nata a 25 settimane ore muove i primi passi

Dopo due gravidanze regolari, per mamma Elisa la terza è stata una vera e propria Odissea. Dopo il riposo imposto al terzo mese, è stata ricoverata a 20 settimane di gestazione.  La piccola è stata in ospedale per 80 giorni, 40 dei quali li ha trascorsi nell’incubatrice

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di Patrizia Todesco

TRENTO. Quando è nata Sveva pesava appena un chilo. È venuta al mondo dopo 25 settimane e 6 giorni di gestazione ed è rimasta ricoverata per 80 giorni nel reparto di neonatologia del S. Chiara. Ora è passato un anno dal suo ritorno a casa. La piccola sta bene e sta recuperando alla grande.

Per mamma Elisa e papà Michael sono stati mesi difficili, di grande preoccupazione, ma ora possono finalmente raccontare questa storia a lieto fine anche per dare speranza ad altri genitori che stanno vivendo la stessa esperienza.

«Ero già mamma di due bambini, un maschietto nato nel 2014 e una femminuccia nel 2020, e le precedenti esperienze non mi avevano dato alcun problema. Erano nati, dopo il termine, due bambini di oltre 4 kg l'uno. Gravidanze serene, lunghe, vissute senza alcun intoppo», racconta mamma Elisa.

Forse per questo si aspettava che anche la terza sarebbe andata così, e invece le cose sono andate diversamente. «La terza gravidanza mi ha messo subito alla prova ed è stata talmente corta e in salita che non l'ho certo vissuta come le altre. Quando ero di appena tre mesi la ginecologa mi ha messo a riposo, fino a quando, a 20 settimane, sono entrata in ospedale. In quel momento sembrava che le cose si dovessero mettere male».

Elisa racconta di giorni vissuti in un clima di forte preoccupazione. «Anche se nel reparto di ostetricia cercano di metterti a tuo agio non riescono a rassicurarti perché nessuno può sapere quello che succederà. Sono stata ricoverata il 5 settembre per il rischio di aborto e solo quando sono entrata nella 23esima settimana hanno iniziato a parlare della possibilità di un parto prematuro».

Settimane in cui ogni giorno era una conquista. «Sono iniziati i colloqui con i neonatologi che, pur nella gravità della situazione, riuscivano in parte a tranquillizzarmi. E poi c'era il supporto della mia famiglia, dei ginecologi, della psicologa del reparto e degli amici. Intanto nella pancia la bambina cresceva e in me anche la consapevolezza che ero lì per partorire, non per abortire».

Poi è arrivato il giorno in cui l'equipe medica ha stabilito che per la piccola era più pericoloso rimanere nella pancia della mamma che venire al mondo. Era il 20 novembre 2023. «Mi hanno fatto un parto cesareo d'urgenza e a quel punto ho affidato la piccola alle mani dei neonatologi. Potevo andare a vederla quando volevo, ma tenerla con me, grazie alla marsupioterapia, solo 2 ore al giorno. All'inizio non c'era nessuna certezza, si vive come sospesi. Sai che devi essere felice per quello che stai vivendo in quel momento senza troppe aspettative».

E invece Sveva si è dimostrata forte e combattiva. «Dopo 40 giorni nell'incubatrice, il 30 dicembre l'hanno spostata nella culletta termica e lì è stata una grande conquista perché potevo tenerla in braccio».

Elisa ha parole di grande elogio per tutto il personale della neonatologia. «È un reparto d'eccellenza dove c'è competenza e umanità. Mi hanno fatto sentire mamma fin dal primo giorno, anche se alla fine erano loro che si occupavano della piccola». Per mamma Elisa è stato anche difficile conciliare il bisogno di cure dei suoi bambini a casa con i bisogni di Sveva in ospedale.

«All'inizio mi sentivo di voler essere da una parte quando ero dall'altra e viceversa. Poi ho capito che le ore che dedicavo ai bambini a casa mi davano energia e mi aiutavano molto anche quando ero in ospedale. Il papà poi andava in reparto la sera quando io mettevo a dormire i bambini a casa».

Giorno dopo giorno quel tragitto casa ospedale e viceversa è diventato quasi una routine, intervallata dai ripetuti controlli e colloqui con i medici. La preoccupazione è rimasta fino alle dimissioni e si è allentata solo nel momento in cui la famiglia ha potuto avere tutta per sé la piccola Sveva.

«Ogni passaggio è stato molto lento e ha messo a dura prova la mia pazienza. Sveva è stata dimessa a febbraio, in prossimità di quella che avrebbe dovuto essere la sua data di nascita effettiva». Un'esperienza, quella di avere un bambino prematuro, che ha cambiato molto questa famiglia.

Ha cambiato la mamma: «Mi ha insegnato ad essere paziente, ma anche a godere di ogni piccolo miglioramento con la consapevolezza che questo percorso era quello che andava bene per lei». Ma ha cambiato anche gli altri componenti: «Abbiamo avuto le nostre difficoltà ma l'arrivo di Sveva ha portato un grande equilibrio nella nostra famiglia. Anche i bambini l'hanno accolta con grande gioia e sono molto orgogliosi di lei».

E il nome Sveva? «È stato amore a prima vista. Eravamo andati a Bologna, città natale di Guccini, cantautore che io amo molto. Lì c'era un biglietto: cercavano una gatta che si era smarrita e che si chiamava Sveva. Io e mio marito abbiamo capito che quello era il nome che stavamo cercando. E al momento del mio ingresso in ospedale è stato importante avere già un nome per riuscire a comunicare con la creatura che avevo in grembo. Sveva vuol dire luce e il giallo è diventato il suo, anzi nostro colore. In ospedale, io che non sapevo lavorare a maglia, ho realizzato una piccola copertura di quel colore». Tutta per Sveva e la luce che ha portato.