Scalza e con il vestito rosso, Fiorella Mannoia incanta Trento

di Fabio De Santi

Era il 1968 quando sul palco della dodicesima edizione del Festival di Castrocaro una ragazzina di quattordici anni, di nome Fiorella, si lanciava nell’interpretazione di una canzone di Adriano Celentano: Un bimbo sul leone. Nessuno allora fra il pubblico si sarebbe potuto immaginare che quella ragazzina sarebbe diventata una delle più importanti interpreti della canzone d’autore italiana.

A quasi cinquant’anni di distanza Fiorella Mannoia ha scelto quel brano per iniziare il live set che sta presentando in tutta Italia e che a Trento martedì sera ha conquistato il pubblico dell’Auditorium Santa Chiara ancora una volta tutto esaurito per lei. Uno spettacolo, curato nei suoni dal fonico di Trento Marco Dal Lago, in cui passo dopo passo la cantante romana ha ripercorso la sua storia attraverso canzoni, parole e aneddoti, raccontandosi con una gustosa leggerezza.
A scandire i vari passaggi del live anche i cambi d’abito, ad iniziare da un vestito in glitter argentato tipicamente anni settanta style. «Benvenuti e bentornati - le sue prime parole - grazie per essere qui a questa festa che in realtà sta durando da più di un anno per me. L’avevo iniziata quando ho compiuto sessant’anni e sono già diventati 61. Questa sera mi racconterò con le canzoni scritte da artisti che hanno intrecciato la loro strada con la mia».

Applausi scroscianti accolgono i primi passi di una versione elettrica di Caffè nero bollente, brano del 1981 che grazie al Festival di Sanremo incominciò a far conoscere il suo nome, anche se la svolta è legata ad un altra apparizione all’ Ariston, era il 1987, con Come si cambia. «In quell’occasione - racconta lei - ho capito che la mia voce accompagnata da un testo importante poteva emozionare e quella per me fu una presa di coscienza fondamentale».

I ricordi e le battute - «Noi donne negli anni ’80 eravamo come i figli di Star Trek, con quelle terribili spalline che andavano di moda» - si alternano con i brani e dopo l’esecuzione di Amore bello, targata Claudio Baglioni e il cambio di vestito che diventa elegantemente scuro, arriva l’inciso: «A metà degli anni ottanta partecipai col brano di Claudio ad una trasmissione di un nuovo canale televisivo. Allora era una novità quella delle televisioni private ma non potevo immaginare cosa sarebbe diventato quel Biscione! A quel programma devo molto perché da allora incominciarono a chiamarmi diversi autori».

Il primo fu Enrico Ruggeri che per lei scrisse Quello che le donne non dicono diventata uno dei suoi pezzi più celebri. Proprio durante questa esecuzione da una platea emozionata arrivano doni e rose per una Mannoia visibilmente commossa. Si ascoltano poi Le note di maggio composta dal suo amico fraterno Ivano Fossati, La giostra della memoria, che da venticinque anni non proponeva in concerto mentre nella prima parte del set ci sono anche La stagione dell’amore di Battiato e La storia di Francesco De Gregori.

Il viaggio riprende nel terzo millennio sulle note spensierate di Boogie con una Mannoia scalza e con un bellissimo vestito rosso: «Ricordo ancora quel tour del 2000 quando ho deciso di abbandonare i panni di suora laica e di presentarmi sul palco vestita di rosso fra lo stupore dei presenti, Quel periodo non è ancora finito e - chiosa lei sorridendo - sculettare mi piace, dico la verità!».
E l’onda di allegria prosegue con una travolgente versione di Messico e nuvole di Paolo Conte per poi quietarsi conSenz’è te nel ricordo «Che ti stringe il cuore» del suo grande amico Pino Daniele. Fra i momenti più emozionanti dello show, i passaggi di La paura non esiste, Sally e Io non ho paura che lasciano al bis La casa in riva al mare, Via con me e l’imprescindibile Il cielo d’Irlanda.

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