Gualazzi martedì live a Trento «Canto per una vita di pace»
È nel segno della voce di Raphael Gualazzi il primo evento di questo autunno musicale a Trento in programma martedì sera all'Auditorium Santa Chiara con pochi biglietti ancora a disposizione del pubblico.
Il pianista marchigiano, come ci racconta in questa intervista, presenterà le canzoni del suo nuovo album Love Life Peace insieme ai grandi successi contenuti nei cd «Reality and Fantasy» e «Happy Mistake».
Per il suo nuovo album ha scelto un titolo giocato su tre parole dense di significati quali «Love Life Peace»: come mai?
Sono tre parole molto importanti sia per quanto riguarda un percorso personale, individuale, che per il tempo che stiamo vivendo. Proprio quando stavo pubblicando il disco è successa la tragedia del Bataclan. Un evento che mi ha colpito, vedendo quella barbara violenza all'interno di un tempio della musica. Quella musica che per me è qualcosa di sacro e quindi ho vissuto quegli avvenimenti come qualcosa di terrificante. Quindi con le tre parole che ho scelto come titolo del disco ho voluto contrastrare quella violenza inaccettabile.
Che disco ne è uscito dal punto di vista dei suoni?
Questo è un album che non smentisce le criticità dei miei lavori precedenti, ma ne rafforza e ne codifica ancora meglio il sound grazie anche al mio lavoro con il produttore Matteo Buzzanca.
[[{"type":"media","view_mode":"media_preview","fid":"1522491","attributes":{"alt":"","class":"media-image","height":"180","style":"float: right;","width":"180"}}]]Mi piace intrecciare diversi stili e generi musicali e fare nuove esperienze musicali che ritengo siano utili per rafforzare la mia cifra stilistica. Per fare questo è importante aprirsi a collaborazioni: infatti questo disco è composto da mie composizioni, alcune delle quali scritte nelle camere d'albergo durante i miei viaggi, ma anche da canzoni che sono il frutto di una collaborazione con produttori e autori italiani ed americani. Realtà che ti arrichiscono e ti fanno crescere perché per me la musica è sempre uno scambio, una condivisione che ti fa crescere.
Come lo presenta nei live?
Ho pensato questo spettacolo in tutti i dettagli sia quelli scenografici e artistici che quelli legati ad ogni singola nota. Sarà un live in cui ci sarà un' alternanza di momenti di ritmo e intimità, con una certa autoironia e di teatralità mai eccessiva. In questa avventura è prezioso per il lavoro con una band formata da musicisti versatili e creativi: sei polistrumentisti che mi accompagnano sul palco e una sezione di fiati e coristi. Ad impreziosire questa line-up il noto musicista jazz, percussionista americano di origine italiana, Steve Ferraris. Con lui collaboro fin dal 2008 quando mi aveva coinvolto in un suo progetto negli Stati Uniti ed è per me un onore averlo al mio fianco anche a Trento.
Tornando alle parole quale importanza hanno nella sua dimensione di musicista?
La parola ha un'importanza fondamentale che non è solo quella di raccontare ma anche quella legata al suono, alla ritmica e quella legata alla metafora nella parola stessa. Da qui la mia scelta di scrivere in diverse lingue e di collaborare con diversi artisti e cantanti in lingue differenti, essa deriva proprio dalla funzione della parola, della sua musicalità. Per fare un esempio credo che la nostra lingua sia musica essa stessa anche senza musica, perché ha una tradizione, una storia che sono diventate un'eccellenza mondiale, mentre per me la lingua inglese ha molta più efficacia ed incisività nei ritmi più veloci proprio perché è una lingua più pragmatica
Lei è uno dei pochi musicisti italiani dell'ultimo decennio che è arrivato al successo se si parla di musica d'autore e dintorni senza passare dai talent.
Non ho mai partecipato ad un talent. Però nel 2010, quando ho preso parte alla selezione per Sanremo, questa si svolgeva a «Domenica in», con un format per noi giovani vicina tutto sommato a quella di un talent. Quindi ho vissuto anch'io un'esperienza simile in un certo senso. Credo che i talent siano un'occasione per emergere, ma quello che conta è l'amore che si ha per la musica e la voglia di continuare a fare questo mestiere, magari questa dimensione televisiva ti può aiutare ma poi devi dimostrare il tuo valore.
Qual è il suo rapporto con i social?
Uso i social ma in maniera molto indiretta, se mi chiedete cosa significa «taggare» non so neanche cosa rispondere. Ad aiutarmi c'è un team di collaboratori che si occupa professionalmente di gestire la mia pagina facebook, twitter o il mio fanclub, però spesso sono io a decidere di postare una foto, un video o un tweet.
Il 2017 di Raphael Gualazzi?
Vorrei ricordare che è appena uscita una compilation «Jazz knows Disney» nella quale ho suonato due brani, una raccolta della Verve a cui partecipano anche altri big del jazz come Gregory Porter, Melody Gardot, Jamie Cullum che hanno registrato delle cover jazz di alcune delle più celebri canzoni Disney. Accanto ai live il prossimo anno dovrei lavorare ad un nuovo disco che, anche se non mi sono dato scadenze, dovrebbe uscire nel 2018.