La guerra in casa, il dramma
Diari, libri di famiglia, cronache parrocchiali, lettere private e pubbliche, album fotografici e molte altre fisionomie di racconto della Grande Guerra saranno al centro giovedì 6 e venerdì 7 dicembre del convegno Cronache della guerra in casa. Scritture dal Trentino e dal Tirolo 1914-1918.
Testimonianze uniche, riscoperte e approfondite per lo più in questi ultimi anni, che oggi ci permettono di conoscere le voci di coloro che, allo scoppio del primo conflitto mondiale, rimasero a vivere nelle proprie comunità. Sindaci, parroci, medici, cronisti, maestri, ma soprattutto tante donne - mogli, madri, sorelle e figlie - che durante quegli anni difficili sentirono l’esigenza o forse la responsabilità di mettere nero su bianco le sensazioni provate: le privazioni, la militarizzazione della vita civile, l’affannosa ricerca del cibo, i bombardamenti, l’occupazione e il rigido controllo dei consumi. «In questo convegno non si parlerà di chi per scelta o costrizione abbandonò città e valli del Trentino (profughi, combattenti, internati e fuoriusciti).
Questa volta - spiega il provveditore del Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto Camillo Zadra - abbiamo voluto porre l’attenzione sulle storie di uomini e donne, di diversa estrazione sociale e differenti ruoli, che attraverso i loro sguardi raccontarono la guerra «in casa». Sguardi che, seppur lontani dalle prime linee e dai luoghi di combattimento, ci parlano di spazi tutt’altro che amorfi e neutri, bensì abitati da una popolazione amputata, sottoposta a stress durissimi, continui prelievi e rigide imposizioni».
Da qui l’idea di approfondire la complessità documentaria di quegli sguardi con un’inedita due giorni promossa da Accadamia degli Agiati, Fondazione Museo storico del Trentino, Museo della Guerra di Rovereto e Tgv (Tiroler Geschichtsverein). Sede del convegno: la Sala conferenze della Fondazione Caritro in piazza Rosmini a Rovereto. L’obiettivo: quello di riscoprire un largo censimento di cronache «interne», molte delle quali finora sconosciute. Come quelle dei frati e dei parroci della Val Badia e delle Giudicarie, veri «custodi della moralità», quelle del medico Vittorio Fiorio, allontanato per motivi politici dalla sua Arco, o le testimonianze di alcuni cittadini della Destra Adige, un’«oasi di pace apparente».
Non mancherà il punto di vista di Erich Kneussl, funzionario austroungarico nel Trentino meridionale, dell’allora sindaco di Avio Francesco Perotti Beno, alle prese con i tormenti della redenzione del suo paese, di Daniele Speranza, un maestro in pensione di Duvredo, e di alcuni giornalisti dell’epoca, in equilibrio tra censure e diritto di cronaca. Particolare attenzione anche alle memorie femminili con la riscoperta delle lettere delle sorelle Luigia e Giuseppina Paoli di Denno, degli scritti «austriacanti» della contessa Maria Concetta Consolati e delle donne pusteresi che, alla partenza dei mariti, dovettero portare avanti con estreme difficoltà i masi di montagna.
A riportare la luce su queste storie, a prima vista così diverse tra loro ma con uno sfondo comune, saranno 21 relatori, principalmente studiosi e appassionati trentini, ma anche da Alto Adige, Austria e Francia: un’occasione anche per loro per confrontarsi su questo filone. Filone che, come hanno sottolineato Stefano Ferrari e Oswald Mederle, rispettivamente presidente dell’Accademia degli Agiati di Rovereto e vicepresidente della sezione bolzanina del Tiroler Geschichtsverein, lascerà un segno importante negli anni a venire.
«Assieme - aggiunge Fabrizio Rasera, uno dei relatori, che interverrà con una ricerca tutta roveretana dal titolo «Il fantasma della città» - proveremo a rispondere alla domanda universale: perché si scrive? O meglio cosa spinga persone, anche comuni, a cercare di dominare un avvenimento storico attraverso il racconto».
«Il Centenario appena archiviato - ha concluso il presidente del Museo della Guerra Alberto Miorandi - ha accresciuto l’interesse verso i temi legati al Primo conflitto mondiale e questo convegno, che sarà libero e aperto a tutti, può rappresentare l’inizio di un nuovo percorso di riscoperta storica, conservazione e divulgazione di documenti e memorie provenienti dal cosiddetto «fronte interno», quello della dimensione domestica e più intima delle nostre comunità».