Penelope che non vuole subire
Debutta mercoledì 5 dicembre 2018 al teatro comunale di Pergine (alle ore 20.45) Itaca per sempre, la nuova produzione di Trento Spettacoli/Spazio Off.
Tratto dall’eponimo romanzo di Luigi Malerba, adattato per il palcoscenico da Maria Teresa Berardelli, lo spettacolo, diretto da Andrea Baracco, vede in scena Woody Neri e Maura Pettorruso, rispettivamente nel ruolo di Ulisse e Penelope. Una rivisitazione del mito omerico, che si arricchisce di nuove sfumature, nella direzione di una maggiore umanizzazione, già presente nel romanzo e ulteriormente sottolineata in questo lavoro. A parlarcene il regista, Andrea Baracco.
Come è nato questo progetto e quali tappe hanno portato alla sua realizzazione?
Il progetto è nato circa un anno fa, in occasione di un laboratorio teatrale che Daniele Filosi (presidente di Trento Spettacoli, ndr) mi invitò a tenere a Trento. In quell’occasione si concretizzò l’idea di fare uno spettacolo a partire dal breve romanzo di Malerba, su cui da tempo mi interessava lavorare.
Rispetto a questo, quali sono state le modifiche in fase di adattamento del testo?
Il romanzo di Malerba procede per monologhi paralleli, in questo lavoro si è invece cercato di far intrecciare la voce dei due personaggi, di farli incontrare, di metterli in dialogo per far esplodere le tensioni.
Tensioni che derivano dall’impossibilità, per i due, di riconoscersi, dopo il lungo viaggio dell’eroe omerico?
Questo è il tema su cui abbiamo lavorato: Ulisse e Penelope si guardano e non si riconoscono più. Anzi, non riconoscono più nemmeno se stessi, in quanto l’altro diventa lo specchio della loro estraneità rispetto al mondo che l’altro porta. E la decisione di rimanere, non è tanto dettata da un reale avvicinamento, quanto dall’impossibilità, per Ulisse, di intraprendere un nuovo viaggio.
Un lavoro sull’identità, ma anche sull’accettazione dell’altro. Risiede in questo l’attualità di questo spettacolo?
Possiamo ritrovare alcuni tratti dei personaggi e alcune situazioni nella vita di ognuno di noi. Questo perché a differenza del mito, nel romanzo e nello spettacolo, Ulisse e Penelope sono più umanizzati, pieni di dubbi e rancori. Sono deformati dal tempo, che scorre molto velocemente. Di più: sono vittime del tempo passato, un tempo che mette distanza, che logora situazioni e affetti.
Ha citato Penelope. Quali sono i suoi contorni? Che tipo di donna è?
Penelope è una donna molto potente, che si assume la responsabilità di dire di no. È una donna contemporanea, dai tratti quasi virili: non se ne sta a casa ad aspettare passivamente il marito, ma con lui entra in dialogo e in conflitto. Gli rimprovera quello che è diventato dopo le sue avventure. Ed è lei a decidere quando prenderlo e quando lasciarlo e in che misura ridefinire il proprio rapporto con lui.
E Ulisse? Quali sono le differenze rispetto al mito omerico?
È un personaggio più prossimo ad Otello che all’Ulisse omerico. L’eroe greco è in questo lavoro in balia di se stesso, delle sue paure e della gelosia verso Penelope, che ritrova bellissima. Mette in dubbio ogni cosa. Anche la fedeltà della moglie, sulla quale non vede impressi i segni del tempo. Per questo dà vita al gioco del nascondimento, con l’ingenuità ? tipicamente maschile ? di chi pensa di non essere riconosciuto.
A livello di messa in scena quali sono invece gli elementi portanti? Su quali aspetti ha voluto porre maggiore attenzione?
Lo spazio assume i contorni di un grande acquario. La scenografia (a cura di Luca Brinchi e Daniele Spanò, ndr) punta molto sull’elemento acqua, come se il viaggio non finisse mai, come se il mare separasse i due personaggi anche quando si ritrovano.