Colazzo in concerto a Chicago con «Il dispatrio»
Cosimo Colazzo, compositore e pianista, docente al Conservatorio di Trento, sarà impegnato in un concerto a Chicago per l’Istituto Italiano di Cultura, giovedì 24 gennaio alle 18 presso la Pianoforte Foundation.
Luigi Meneghello in un suo libro del 1994 dal titolo Il dispatrio, raccontava della sua doppia cultura, inglese e italiana, e di come questa condizione strutturasse e innervasse la sua scrittura. Essere in un luogo che non è il proprio delle origini: lo spaesamento che ne deriva, ma anche le occasioni che si determinano, gli incroci culturali, gli incontri inattesi che diversamente non sarebbero accaduti. E lentamente il crearsi di una doppia appartenenza: le radici antiche innestate con quelle più giovani.
Di questo si può riflettere anche in musica. E lo farà appunto Cosimo Colazzo, compositore, musicista e pianista, di origini pugliesi, salentine per la precisione, trapiantato in Trentino da decenni, dove è artista e docente di Composizione al Conservatorio di Trento. Lo fa in questo concerto pianistico che terrà a Chicago, per l’Istituto Italiano di Cultura,
Nel concerto c’è il senso di un nomadismo culturale. Che Colazzo indaga con il suo concerto, significativamente dal titolo: «Il dispatrio, le doppie culture», con musiche dello stesso Colazzo, Rossini, Esposito, Casella, Rieti.
Il concerto reca in programma due opere recenti di Cosimo Colazzo: Le terre rosse, il mare obliquo (2014) e La tenzone (2016). Il titolo della prima veicola l’immagine della terra d’origine, il Salento. Scrive il compositore: «Il rosso delle zolle smosse e il mare obliquo in uno specifico luogo della costa. Anche in tempi di globalizzazione, le patrie dell’infanzia sono le più resistenti, quelle che di meno svaporano con il passaggio del tempo e il cambio di latitudine». Il secondo pezzo, «La tenzone» (2016), è idealmente dedicato alla poesia di Emilio Villa (1914-2003). «Villa – scrive ancora Colazzo - è poeta delle mescolanze linguistiche, funambolo della parola, che scava, analizza, sollecita a innesti e reinvenzioni, unendo arcaismi e futurismi».
Il concerto naviga il tema del dispatrio e delle doppie culture nell’arco di due secoli. A partire da Gioacchino Rossini (1792-1868), che si autoesilia a Parigi quando smette di scrivere per l’opera. Qui è autore di musiche da camera, brani vocali con pianoforte o per solo pianoforte, con cui ha riempito cospicui quaderni. Sono pagine eccentriche, sin dai titoli, che trasmettono il distanziamento ironico con cui Rossini tiene a distanza la cultura romantica coeva che gli sembra troppo carica di enfasi e retorica. Nel concerto sono in programma anche «Three Pieces» di Michele Esposito (1855-1929), di cultura napoletana, formatosi al Conservatorio di Napoli, che si ritrovò in Irlanda, a capeggiare un movimento di ampliamento degli orizzonti culturali per la musica classica nella nuova patria.