Il grido di dolore di Motta: «Dov’è l’Italia?»
«Dov’è l’Italia, amore mio? Mi sono perso anch’io». È un grido di dolore quello lanciato da Motta nel brano Dov’è l’Italia, in gara al prossimo festival di Sanremo (5-9 febbraio).
«C’è il riferimento ai migranti, ma non è l’unico livello di lettura della canzone - spiega il cantautore 32enne, reduce da un 2018 pieno di soddisfazioni con tanto di Targa Tenco per il Miglior album in assoluto con Vivere o Morire, la seconda dopo la prima vinta nel 2016 per la Migliore Opera Prima -, c’è soprattutto il disincanto verso un Paese che amo e che nonostante tutto continuo ad amare e di cui sono innamorato, ma che manca di umanità e di educazione, e che vive la paura della diversità e del mettersi in gioco».
Il brano è nato, rivela ancora Motta (toscano, trapiantato da qualche anno a Roma), «da una chiacchierata con Enzo, il capitano di un caicco a Lampedusa.
Ma quello che ci siamo detti rimane un segreto tra me e lui». Troppo facile chiedergli da che parte sta nello strappo - sembra ormai ricucito - tra il direttore artistico Claudio Baglioni, che ha definito una farsa le politiche sull’immigrazione di questo governo come di quelli precedenti, e il ministro degli Interni Matteo Salvini. «Baglioni non ha detto niente di grave, ha usato parole da essere umano. Io la penso come lui. Dovremmo imparare dalla diversità, non averne paura».
Per questo, anche, si è messo in viaggio, uscendo dalla sua comfort zone. «Per crescere, per cambiare. Per aprire la mente e accogliere nuove melodie. Sono stato a New York, ed è stato come arrivare a casa e per questo mi sono ripromesso di tornarci almeno una volta all’anno; poi in Messico, dove sono rimasto stupito da come la musica faccia parte del quotidiano delle persone. Sento una grande responsabilità e voglio sentirne sempre di più. Sul palco dell’Ariston ci sono già salito per il Tenco ma... cavolo se sarà diverso». Paura no, non ne ha, quello che cerca è «l’emozione, soprattutto».