L'Orchestra Haydn a Trento, con un repertorio romantico
La 56ª stagione dell’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento chiama il suo pubblico con due partiture emblematiche del romanticismo tedesco, la Sinfonia n. 2 op. 61 di Robert Schumann e la Sinfonia n. 3 op. 90 di Johannes Brahms; appuntamento questa sera a Trento (Auditorium, ore 20.30) e giovedì 31 a Merano (Kursaal, ore 20).
Sul podio Arvo Volmer (nato a Tallinn nel 1962), direttore principale dell’orchestra regionale, già direttore dell’Orchestra Nazionale Estone (dal 1987 al 1993), dell’Orchestra Sinfonica di Oulu (in Finlandia, dal 1994 al 2005) e dell’Adelaide Symphony Orchestra (in Australia, dal 2004 al 2013). Volmer ha studiato direzione d’orchestra con Olev Oja e Roman Matsov al Conservatorio Statale Estone, passando successivamente al Conservatorio «Rimskij-Korsakov» di Leningrado dove si è diplomato con Ravil Martynov; ha proseguito la formazione negli Stati Uniti perfezionandosi con Helmuth Rilling. Volmer ha debuttato nel 1985 al Teatro d’Opera Nazionale Estone di Tallinn, un’istituzione cui è sempre rimasto legato e di cui dal 2004 è il direttore musicale; nel 1989 ha vinto il premio speciale e il quarto premio al Concorso «Nikolai Malko» di Copenaghen.
La Seconda sinfonia di Schumann risale alla fine del 1845, uno dei periodi più tormentati della vita dell’autore per il manifestarsi di depressioni, insonnia, rumori ossessivi nell’orecchio, i primi sintomi della malattia che lo accompagnerà fino alla morte. Ma l’eccezionale stato di grazia creativo del compositore, capace di toccare punte altissime di poesia, sembra lasciar trasparire un senso di pace e di ottimismo, quasi a voler travalicare le durissime circostanze di vita. Quando compose la Terza sinfonia (nel 1883), Brahms era considerato il maggior musicista tedesco vivente. La prima esecuzione della Terza (Vienna, 2 dicembre 1883), con i «Filarmonici» diretti da Hans Richter, fu un trionfo, una consacrazione che stupì lo stesso autore. Per lui la Terza aveva un solo difetto: quello di essere diventata, subito, «sfortunatamente troppo celebre».