Natalino Balasso stasera all'Auditorium con «Delusionist»
«Avete pagato per non vedere Celentano, bravi! Oh, sia chiaro io per non vedere Povia pagherei anche 5.000 euro». È una delle battute corrosive con le quali Natalino Balasso ha segnato la sua apparizione sul palco di «Adrian», lo show evento di Adriano Celentano su Canale 5 trasmesso la scorsa settimana da Verona. Uno strappo alla regola, lo racconta Balasso in questa intervista, quello fatto dal comico veneto atteso questa sera, alle ore 21, all’Auditorium insieme a Marta Dalla Via con lo show «Delusionist». Sull’onda delle oltre seicentomila visualizzazioni del suo, ormai classico, discorso di Capodanno su Youtube, Balasso è pronto a spiazzare tutti con una stand up comedy in cui si ride per non ridere con l’obiettivo di divertire il popolo senza però essere consolatori.
Balasso, come ha preso forma «Delusionist»?
«Tutto nasce dal mio rapporto con Maria Dalla Via: la considero un’ottima attrice ma la trovo molto interessante anche come autrice. Siccome entrambi abbiamo lo stesso modo di fare teatro, siamo attori, autori e anche registi di noi stessi, le ho proposto di creare insieme un testo sulla base di una considerazione legata alla “disponibilità sociale a orario continuato”».
Ovvero?
«È una disponibilità che si lega all’uso dei Social perché sembra quasi che se uno è assente per un giorno da Facebook, per fare un esempio, non esiste più per quella comunità. Per questo abbiamo pensato ad una cosa grottesca per la quale la necessità di presenza sia portata al paradosso: abbiamo immaginato una specie di scienziato inventore di una pillola che permette di rimanere svegli anche per molti mesi».
Cosa racchiude la parola «Delusionist»?
«Traduce una sorta di delusione tecnicizzata: usare la parola inglese conferisce dei “dentellati tecnici” al concetto. Il titolo nasce dal fatto che, come spesso accade, quest’uomo di scienza è una sorta di cialtrone che non sa neanche l’inglese, quindi invece di chiamare questa pillola “The Illusionist” la chiama “Delusionist” pensando che il nome sia quello giusto».
Negli ultimi anni lei ha puntato sul web con video che hanno milioni di clic: che effetto le fa?
«Mi fa piacere che qualcuno li guardi, altrimenti non li farei, però se si conoscono le linee guida di come si costruisce un post o un video sui social, ci si rende conto che io sono completamente fuori da queste regole. Questo ci dimostra come le nostre leggi siano una cosa molto teorica e che la realtà si muove diversamente. Oggi sono migliaia di moltitudini e di pubblici che si muovono per cose diverse. Quando pranzo guardo una serie tv che non guarderei mai quando sono concentrato, quindi posso rientrare in un pubblico che guarda cose banali ma anche in un pubblico che guarda serie tv che possiamo considerare di un certo rilievo intellettuale».
Lei ha sempre avuto nel mirino il piccolo schermo: chi l’ha convinta a partecipare ad «Adrian», lo show di Celentano?
«Io non faccio televisione perché non la trovo per nulla interessante. Sono andato a Verona per conoscere Adriano Celentano, non certo per far televisione. La trovo una cosa vuota, un mezzo di comunicazione che mette troppi filtri che non hanno una logica, filtri che dipendono da questioni politiche, economiche e morali».