Addio a Rutger Hauer il "replicante" di Blade Runner
«Ho viste cose che voi umani non potreste immaginare. Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione... e i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhauser... e tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia. È tempo di morire». È la frase cult di “Blade Runner” scritta e interpretata da Rutger Hauer, scomparso a 75 anni il 19 luglio dopo una breve malattia e la cui morte è stata confermata ieri dal suo agente ad esequie avvenute.
La sua carriera ruota intorno al ruolo del replicante nel film di Ridley Scott accanto ad Harrison Ford ma sono decine i film in cui ha lavorato e numerosi i progetti che lo vedevano annunciato nel cast.
Nato nel 1944 a Breukelen (Olanda), figlio di due attori, Arend e Teunke, Rutger cresce insieme alle sue tre sorelle.
Inquieto, a 15 anni si imbarca su un piroscafo mercantile per un anno, seguendo le orme di suo nonno capitano di goletta.
Al suo ritorno si iscrive poi a una scuola di arte drammatica, ma sentendosi più poeta passa i giorni a scrivere poesie nei coffee shop di Amsterdam. Viene così espulso dalla scuola e approda nella Marina Olandese. Una breve esperienza da cui fugge cercando di convincere i suoi superiori di avere problemi di salute mentale.
Viene mandato allora in un istituto psichiatrico, presso il quale Rutger resta fino a quando riesce a convincere definitivamente i suoi superiori che la Marina non ha davvero bisogno di lui.
Inizia la carriera nel 1969 con la serie tv “Floris”, seguono alcuni film e ancora lavori per il piccolo schermo, ma è appunto ‘Blade Runner’ (1982) a imporlo all’attenzione del pubblico internazionale. Un altro dei suoi ruoli più interessanti è in “The Hitcher - La lunga strada della paura”, film del 1985 di Robert Harmon, in cui interpreta un feroce killer.
Nel 1988 vince il Golden Globe per il film tv “Fuga da Sobibor” e l’anno dopo viene premiato come miglior attore al Seattle Film Festival per “La leggenda del Santo Bevitore” di Ermanno Olmi, film vincitore del Leone d’Oro 1988 a Venezia.
Nel 1995 le Poste olandesi stampano un francobollo che lo ritrae in uno dei suoi film più famosi, “Fiore di carne” di Paul Verhoeven (1973), per celebrare il centenario della nascita dell’arte cinematografica.
Arrivano poi per l’attore film come “Hemoglobin - Creature Dell’Inferno” (1997) “Il Richiamo della Foresta” (1997), “Strategia Mortale” (1998), “Simon Magus” (1999), Impulsi Mortali (2000), “I Banchieri di Dio - il Caso Calvi” (2001) e “Confessioni di una Mente Pericolosa” (2002) in cui alterna con disinvoltura, nonostante un fisico che lo vorrebbe relegato alla sola azione, ruoli da intellettuale, cattivo e romantico.
Alto, massiccio, occhi azzurri di ghiaccio, quasi un archetipo del puro ariano, Hauer si è sposato due volte; dalla prima moglie ha avuto la figlia Aysha (anche lei attrice) mentre dal 1985 si lega in matrimonio con Ineke, scultrice e pittrice.
Del suo lavoro diceva: «Bravo e cattivo ragazzo, eroe o antieroe; non mi importa ciò che interpreto, ogni ruolo ha qualcosa di magico».
Tornando alla sua propensione per la poesia, è vero che la famosa frase di Blade Runner è stata trasformata proprio dall’attore olandese e questo su indicazione dello stesso Scott.
«Era così toccante - aveva raccontato una volta - che anche quelli che stavano filmando la scena furono commossi».
Tra i suoi lavori recenti, nel 2009 è Federico Barbarossa in Barbarossa di Renzo Martinelli; ne “Il villaggio di cartone” di Ermanno Olmi interpreta il ruolo di un massiccio sagrestano; nel documentario “I colori della passione” di Lech Majewski, adattamento dell’omonimo libro del critico d’arte Michael Francis Gibson, interpreta il pittore Pieter Bruegel il Vecchio; in Dracula 3D (2012) di Dario Argento è invece Van Helsing.
Infine, ne “Il futuro” della regista cilena Alicia Scherson veste i panni di un ex solitario divo dei Peplum divenuto cieco.
Numerose le serie tv da True Blood a Channel Zero e Porters. Tra i suoi ultimi film 2047: Sights of death di Alessandro Capone e i Fratelli Sisters di Jacques Audiard.