The Comet Is Coming stasera a «Jazz'About»
Il loro secondo album, «Trust in the Lifeforce of the Deep Mystery», è stato definito come la possibile colonna sonora di un’apocalisse immaginaria mentre il nuovo disco, “The Afterlife”, pubblicato a settembre sempre su Impulse! Records, ha confermato il desiderio di esplorare nuovi confini sonori.
Stiamo parlando di The Comet Is Coming, una della formazioni che meglio incarnano le contaminazioni sonore del jazz del terzo millennio attesi stasera, alle ore 21, al Teatro Sanbàpolis per il primo concerto della stagione di «Jazz’About».
Dietro la sigla di The Comet Is Coming ci sono tre musicisti come il sassofonista Shabaka Hutchings, il tastierista specializzato nei sintetizzatori analogici Dan Leavers e il batterista Max Hallett che sul palco assumono le bizzarre identità parallele di King Shabaka, Betamax e Danalogue. Ascoltando i brani dei «The Comet Is Coming» si comprende bene come il termine jazz sia in realtà da utilizzare solo come punto di partenza per brani che strizzano l’occhio all’elettronica, alla sperimentazione e al rock psichedelico. Quello che colpisce del trio inglese è la loro energia live unita ad una grande perizia tecnica pronta a riverberarsi nell’uso degli strumenti e nella capacità di spaziare fra i generi con una contagiosa voglia di coinvolgere il pubblico.
Ma dare un’etichetta al loro sound, in fondo, non piace neanche ai tre artisti e lo hanno spiegato chiaramente in più occasioni: «I generi interessano ai critici e ai giornalisti che vogliono solo etichettare le cose. Dare un nome a qualcosa serve per identificarlo, per renderlo docile. Il nome jazz non è stato creato dai musicisti, ma gli è stato imposto per limitare il progresso della musica afroamericana. Duke Ellington non poteva suonare alla Carnegie Hall i brani orchestrali che aveva composto perché quello non era considerato il suo territorio. Quando saranno i musicisti a dare un nome alla loro arte, o a rifiutarsi di farlo, sarà una conquista per tutti. Quando la musica viene etichettata muore».
Quel che conta insomma è la musica, suonata bene certo, ma capace di andare oltre certi virtuosismi strumentali algidi e spesso fine a se stessi: «Nei nostri dischi ci concentriamo molto sulle frequenze basse, che danno quel senso di oscurità, di energia e di profondità che vogliamo trasmettere nella mente di chi ci ascolta. In generale cerchiamo di essere sempre il più liberi possibile, di non avere strutture prestabilite. Se sapessimo esattamente cosa vogliamo dire potremmo trovarci in un vicolo cieco».
Biglietti su www.primiallaprima.it fino alle 19 di oggi a 15 euro; per studenti universitari e giovani sotto i 26 anni 12 euro. La sera del concerto tariffa unica di 20 euro.