Natalino Balasso al Sociale con la «Bancarotta» dell'Italia
È la «Bancarotta» del degrado e dell’autodistruzione quella che va in scena in questi giorni al Sociale per la Stagione di Prosa, in un allestimento prodotto dallo Stabile di Bolzano. Niente sembra salvarsi in questa Commedia umana che Goldoni, uomo del suo tempo ma indubbiamente precursore di quanto avviene al giorno d’oggi, scrisse nel 1740.
Un’opera poco rappresentata, con una trama non particolarmente corposa, ma senza dubbio indicativa di un male di vivere che travalica il fallimento di operazioni economiche ad opera di un imprenditore sconsiderato e punta invece il dito su un disagio ad ampio raggio che Vitaliano Trevisan ha colto a piene mani, rivisitando il testo e collocandolo nelle piaghe della nostra attualità.
Lo ha fatto senza mezzi termini, scavando e portandone in superficie la parte peggiore, fotografando vizi, sporcizia morale, assenza totale di valori, bassezza e volgarità anche nell’uso (ed abuso quasi fastidioso) di un linguaggio pesante, ma purtroppo utilizzato oggi alla grande per raccontare il nulla.
Serena Sinigaglia ha raccolto tutto questo in un allestimento che lo rende, se possibile, ancora più tragico, partendo da una scenografia disegnata da Maria Paola Di Francesco e delineando la precarietà del vivere, con i personaggi che si muovono, a rischio perdita d’equilibrio, sulla parete di una casa in bilico, pronta a crollare, come tutti loro del resto, a parte, forse Leandro, uscito dalla droga (triste leitmotiv della messa in scena) che tenta invano di aggiustare una simbolica anta di finestra e che fugge assieme a Clarice, prostituta per necessità o per tornaconto.
In questo allestimento Serena Sinigaglia ha messo in gioco le sue riconosciute capacità registiche, già apprezzate nello splendido “Macbeth” che ha aperto la Stagione dello scorso anno, ma qui ha voluto abbondare, forzando le situazioni, con interventi anche attoriali esagerati in una provocazione non sempre necessaria e poco generosa di quella comicità che la commedia comunque richiede, ma che in questo contesto è rimasta in superficie, regalando sporadici sorrisi.
Gli attori, capitanati da Natalino Balasso hanno rispettato in toto il disegno sia testuale che registico, mantenendo inalterato il ritmo anche convulso della messa in scena, fedeli al proprio ruolo in un allestimento che necessita di coesione corale. È d’obbligo tuttavia sottolineare che se l’intenzione del lavoro era quello di fotografare la tragicità di un declino sociale ed umano, l’obiettivo è stato raggiunto, assegnandoci a fine spettacolo, un fardello di malinconica “bancarotta”. Lo spettacolo è stato preceduto dal primo simpatico “antipasto letterario” ideato dalla Compagnia Emit Flesti.