L'intervista a James Thompson venerdì 17 al Bar Chistè con il suo nuovo progetto live

di Fabio De Santi

Debutta venerdì 17 gennaio al Bar Chistè, alle 20.30, la band “Jt and the Nighthawks” il nuovo gruppo del sassofonista americano James Thompson, proposto nel cartellone di live organizzati nel locale di Trento da Giuseppe Marchi. Una formazione che accanto a Thompson, un fuoriclasse del suo strumento noto anche per essere da anni al fianco di Zucchero, vede alcuni big del rock trentino come Stefano Pisetta alla batteria, Roberto Zecchinelli al basso, Davide Dalpiaz alle tastiere e Tomas Pincigher alla chitarra. Per l’occasione abbiamo sentito mr. Thompson, classe 1951, che ha alle spalle collaborazioni con artisti come Paolo Conte, Jestofunk e Timoria, giusto per fare dei nomi.

James Thmposon, inizierei, se mi permette, dal suo privato: come mai ha deciso di trasferirsi a Trento?

<La mia compagna, Giovanna, è trentina. Per “colpa” mia lei una ventina d’anni fa ha dovuto lasciare Trento per venire con me a Bologna dove vivevo. Adesso era giunto il momento di cambiare aria e cinque mesi fa abbiamo deciso di tornare qui>.

Come si trova un musicista come lei immerso nella “provincia musicale”?

<Molto bene anche per la qualità della vita. A Bologna eravamo in centro città in una via trafficata giorno e notte mentre qui viviamo nella tranquillità. Quando scrivo canzoni amo essere nel silenzio e qui la mia creatività trova la linfa giusta per comporre. Ho sempre avuto un feeling con la vostra terra dove ho suonato diverse volte. Da quando esiste internet poi il concetto di “provincia musicale” è molto labile perché con il proprio sound si può arrivare in ogni parte del mondo>.

Parliamo del progetto con cui debutterà al Chistè.

<Si tratta di una nuova band che accanto a me vede alcuni ottimi musicisti della scena trentina. Stiamo definendo in questi giorni la scaletta ma nel live ci saranno una serie di grandi classici rock&soul, rhytm & blues accanto ad alcune miei pezzi come “Over Yonder”, “Monday”, “Sax in the city” e “A man called legend”. Oltre l’Italia mi piacerebbe suonare con questo gruppo anche all’estero, puntando verso il nord Europa>.

Lei arriva da Cleveland in Ohio ma ha vissuto per anni in California: cosa le manca di più degli Stati Uniti?

<Il cibo messicano, andare allo stadio a vedere la mia squadra di baseball, i Dodgers di Los Angeles, e ovviamente la mia famiglia. Gli Stati Uniti fanno parte del mio passato: ho suonato in Italia la prima volta nel 1983, con il gruppo di Andy J. Forest e da allora il vostro Paese mi è entrato nel cuore, qui ho già trascorso più della metà della mia vita. Con Andy avevamo fatto un tour di trenta concerti in tre mesi e quando mi sono accorto che in Italia c’era una grande cultura, musicale e non solo, si mangiava bene e c’erano bellissime ragazze…beh non me ne sono più andato>.

 

Da anni lei suona in tour con Zucchero “Sugar” Fornaciari: come si trova con la rockstar emiliana?

<Ho conosciuto Zucchero nel 1986 e lui è stata una figura centrale e imprescindibile per la mia vita di musicista. Zucchero ha una grande creatività ma è anche un artista coraggioso: ricordo nell’87 quando usci “Blue’s” la forza di quel disco in cui mescolò la tradizione italiana con quella americana in una maniera unica creando un sound molto particolare. Prima dei concerti in quegli anni fuori e dentro i Palasport c’era un’elettricità, un entusiasmo unico ed inspiegabile. Come persona e amico, lui è di origini umili, popolari e non ha mai perso la sua semplicità, non si è mai montato la testa, con me è sempre stato aperto e disponibile>.

Qualche album in cantiere?

<Negli ultimi anni ho fatto uscire diversi singoli pubblicati sul sito Reverbnation.com ma non mi dispiacerebbe pubblicare un disco in cui le canzoni abbiano un tema comune in grado di raccontare una storia>.

 

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