Il Coro Paganella e quei concerti dove canta anche il pubblico
Tre serate nelle quali tutta la platea è invitata a intonare famose canzoni della tradizione popolare. Una invenzione «furba»? No, l’esito di un lungo lavoro di ricerca filologica ed etnomusicale
TRENTO. E’ una vera rivoluzione copernicana: un concerto corale (di tradizione popolare), nel quale il pubblico è invitato a cantare con i coristi. E non è una trovata pubblicitaria, ma il frutto di un lavoro di ricerca e apprendimento, che culmina con tre date del Coro Paganella della valle dei Laghi.
Gli appuntamenti sono giovedì 26 a Trento alle 19.30 quando si canta con il coro di fronte alla Bookique di San Martino, e alle 21 ci si sposta al parco Predara, sopra la Bookique, per il concerto con luci del light designer Mariano Detassis. Qui il coro dialoga con Giovanni Battaglino, cantante e studioso di musica occitana
Il giorno dopo (venerdì 27) stessa cosa a Terlago con seminario in piazza del Torchio, ma lo spettacolo è nel Parco Cesarini Sforza.
E ancora il 3 settembre alle stesse ore a Lavis all’anfiteatro del Parco Urbano.
L’idea è stata elaborata dalla presidente del Coro, Franca Marchesin, e dal direttore, Claudio Vadagnini.
Marchesin, di cosa si tratta?
E’ il frutto di un lavoro di ricerca filologica: abbiamo iniziato chiedendoci come venivano cantati i canti della tradizione popolare e come il modo di cantarli si sia evoluto nel tempo. Dal canto a voce unica iniziale, al canto a doppia voce con le variazioni, fino alle armonizzazioni per coro che conosciamo oggi, e che fra l’altro sono sempre molto apprezzate soprattutto in area tedesca.
Il canto popolare ha svolto sin dalle sue origini un ruolo di coesione e comunicazione all’interno delle comunità. Nel passato i testi hanno veicolato idee e valori che, condivisi, realizzavano quell’adesione ai costumi e agli usi che stavano alla base dell’organizzazione sociale e vita civile. La ritualità che ad esso si associava nelle varie situazioni svolgeva un’azione identitaria e alimentava il senso di appartenenza comunitaria. Ai nostri giorni, la capacità di comunicazione e di condivisione di significati e valori affidati ai testi è venuta meno perché sono profondamente mutate le condizioni sociali e culturali. Non è venuta meno, però, la forte capacità emozionale delle musiche e delle armonie e rimane innegabile lo spessore musicale del canto popolare e di montagna nel suo interessante percorso di evoluzione nel tempo sia nella vocalità che nelle musicalità.
Come si è svolto questo lavoro?
Grazie ad un finanziamento sul “Bando Memoria” della Fondazione Caritro abbiamo potuto avvalerci della consulenza di due maestre, etnomusicologhe della scuola di Renato Morelli: Giulia Prete ed Elida Bellona (della formazione D’Altro Canto Duo). Con loro i coristi del Paganella hanno scelto alcuni brani tradizionali, ed hanno approfondito il modo in cui venivano e vengono cantati. Questo è servito ad acquisire consapevolezza sul loro valore, anche di trasmissione della tradizione, e dei valori sociali. Questo ultimo aspetto è oggi completamente cancellato, ma è forte la valenza artistica di questi brani.
E i concerti “partecipati”?
Si tratta dell’esito della ricerca: ora i coristi proveranno a fare lo stesso percorso con il pubblico. Alla gente vengono distribuiti dei fogli con i testi dei brani scelti, ovviamente brani noti e conosciuti da tutti. Poi si prova a cantarli insieme, partendo appunto dalla forma più semplice dell’unica voce, e poi avanti. Tutto questo aiuterà a riscoprire cosa c’era, cosa c’è, e cosa è rimasto del canto popolare.
Non solo coro, però…
Il percorso si conclude con un concerto vero e proprio, nel quale ospiteremo anche Giovanni Battaglino, musicista ed esperto di canti occitani: il Coro Paganella dialogherà così con la musica occitana sui temi delle canzoni, ovvero amore, lavoro e guerra. Guerra che per gli Occitani vuol dire Settecento, mentre per noi vuol dire Novecento. Il tutto, sempre, nell’ottica del recupero e della consapevolezza delle modalità esecutive.