Kezich rilegge l'Odissea: Ulisse non è lui, Itaca non è Itaca e Omero forse era una donna oppure un collettivo
Baldini e Castoldi ha dato alle stampe l'interessante libro dell'ex direttore del Museo degli usi e costumi della gente trentina: 373 pagine, frutto di rigorose ricerche storiche, filologiche e linguistiche, per smontare alcune certezze sul celebre poema epico
TRENTO. Tenetevi forte: non solo Ulisse non è lui, ma neanche Omero lo è. Se è per questo, nemmeno Itaca è Itaca, ma Cefalonia.
E pure l’Odissea stessa, alla fine, sarebbe una collazione di storie e leggende marinaresche intrecciate in un plot narrativo ad effetto.
Tanto ad effetto, che ancora oggi la storia del marinaio re di Itaca che vaga per il Mediterraneo fra dee. ciclopi e maghe incantatrici è una delle più popolari nel mondo. Forse più della stessa Bibbia, o della Divina Commedia.
Si intitola proprio così - “Ulisse non è lui” - il nuovo libro di Giovanni Kezich, edito in queste settimane da Baldini e Castoldi.
Un poderoso saggio di 373 pagine.
Per chi conoscesse Kezich solo come ex direttore del Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina di San Michele all’Adige, potrebbe essere una sorpresa.
Ma l’antropologo qui scatena tutta la sua verve narrativa, pur dentro i confini di una rigorosissima indagine storica, filologoica e linguistica.
In sostanza, Kezich ci vuole dimostrare in maniera inoppugnabile che in realtà Ulisse non tornò mai a Itaca, e che la strage dei proci - che insidiavano una casta Penelope ( ma lo era?) - fu in realtà perpetrata da un killer prezzolato, fatto sbarcare di notte dal figlio di Ulisse e Penelope, Telemaco.
Per fare questa grave affermazione, Kezich usa un paio di centinaia di pagine.
[Odisseo e Tiresia nel regno dei morti - Vaso greco del IV secolo a. C.]
Tira in ballo i tanti dubbi sulla vicenda, come farebbe un commissario Montalbano, ma corredandoli di centinaia di note a margine dove convivono gli apocrifi odisseiani, le teorie di Butler, le interpretazioni di Dolce e via via fra scuole di Oxford e moderni antropologi americani in gita nei Balcani alla ricerca di rapsodi poeti salmodianti kosovari.
Voi direte: un libro noioso. E invece noioso non è mai, in nessuna pagina, ma anzi è un affascinante romanzo su un romanzo, dove Laerte va a braccetto con papa Ratzinger “ritirato” dal Soglio e la scena finale è degna di Pulp Fiction.
Ma accresce gli interrogativi sulla incongruenza della faccenda.
Ad esempio, si chiude Kezich, come è possibile che Ulisse da solo uccida più di 100 principi proci senza che nessuno cerchi di ucciderlo? O meglio: come hanno fatto quattro uomini (Ulisse, Telemaco, Eumeo e Fidezio) ad avere la meglio su oltre cento guerrieri allenati? Anche perché la faretra greca conteneva al massimo 20 frecce… i conti non tornano.
Per Kezich i conti non tornano un sacco di volte. Non tornano i conti delle peripezie di Ulisse in mare (ad esempio: con Nausicaa trascorre un solo anno, ma genera con lei ben quattro figli. Et cetera…).
Non tornano i conti dello sbarco “casuale” a Itaca.
E non tornano nemmeno i conti di Itaca (che non era Itaca, bensì Cefalonia).
[Odisseo e Nausicaa - Pieter Lastman 1619 - Alte Pinakothek, Monaco di Baviera]
Insomma Kezich demolisce con precisione chirurgica e pezzo per pezzo il poema.
Ma per chi si chieda “cui prodest”, vale la pena rimandare al libro, che si legge con grandissimo piacere per il dispiegarsi di una conoscenza vasta ed approfondita, che continuamente ci fa volare nel tempo, nella geografia e nel mito.
Un capitolo, ad esempio, è dedicato all’analisi del problema della localizzazione.
Dov’è la Itaca di Ulisse? Certamente non nell’isola di Thiaki, che oggi è meta di un turismo superficiale e degno di paccottiglia made in China.
Kezich racconta qui le sue perlustrazioni, con i sacri testi in tasca (da Schliemann in poi).
E diventa un Patrick Leigh Fenmore, e quasi un Bouvier dei giorni nostri, lasciandosi andare a descrizioni trasognate di scogliere bianche, paludi un tempo inospitali, altipiani oggi pietrificati ma un tempo ricchi di armenti.
Ti viene voglia di essere con lui, in faccia al mare, a camminare alla ricerca di una fonte arcaica (c’è ancora, nello stesso punto, come descritta nell’Odissea, ma adesso l’hanno incastonata in un vascone di cemento che serve ancora ad abbeverare le pecore).
[Odisseo nella grotta di Polifemo Jakob Jordaens secolo XVI Museo Puskin Mosca]
Ti viene voglia poi di essere con lui in un ouzeri, a sorseggiare raki, a parlare di caseificazione primitiva, a gustare dolmadakia e un pezzo di arnaki alla brace.
Kezich conclude dopo una lunga analisi con decine e decine di citazioni da studi precedenti, che l’Itaca di Ulisse doveva essere l’attuale Cefalonia, e più precisamente la vasta penisola di Paliki.
Ma questo capitolo, da solo, avrebbe meritato di diventare un libretto a parte, che noi ci saremmo volentieri infilati nello zaino alla partenza per il traghetto dal Pireo. Per chi invece conosce Giovanni Kezich un po’ più da vicino, è un piacere trovare disseminati qua e là in questa sua dotta ma amabilissima opera, alcuni cippi miliari legati alla sua storia.
Ecco che raccontando del talamo nuziale costruito su un ulivo sacro di Ulisse e Penelope (discorso a parte: altro che casta e pura sposa, quella attempata e assatanata tentatrice per colpa della cinta che Atena le ha donato era forse anche un po’ puttana, tanto quanto il marito Ulisse era un playboy degenerato e scatenato, prodigo di figli illegittimi disseminati nel mondo allora conosciuto), Kezich racconta della casa di Sebesta al passo del Cimirlo, che il grande boemo volle costruita e interamente attraversata - dalle fondazioni al tetto - da un gigantesco cirmolo.
Forte poi è il richiamo costante alla poesia improvvisata. Non tutti sanno che al “canto estemporaneo” in ottava rima Kezich ha dedicato più di uno studio (e la sua tesi di laurea).
Ma pochissimi sanno che Kezich stesso può vantare il titolo di Campione Italiano di poesia estemporanea, conseguito in una memorabile disfida “live” a Firenze anni fa.
Con buona pace dei rapper e dei trapper di oggi. Impossibile raccontare tutto il prezioso materiale contenuto in questo volume. Ora che viene l’autunno, questo volume vi farà compagnia nelle serate di lettura e riposo.
A meno che non vi lasciate tentare dagli Squid Games o dalle altre serie Netflix.
Ma siate avvertiti: c’era già tutto ai tempi di Omero: prequel, sequel, side sequel…
Infine, non prestate troppa venerazione al poeta cieco Omero.
Perché - ci spiega Kezich - probabilmente non era lui. Anzi, forse era una donna. Anzi: forse era un collettivo. Insomma, una crew. Ma chi se ne importa? Il successo è successo, e la poesia vince sempre.